La grande passione tra Corrado Pani e Mina, costretti in albergo_di Attilio Gatto

Dimitri gioca a tennis. Dimitri karamazov, per intenderci. Non so se sia più forte nel dritto o nel rovescio, a rete o a fondo campo. Questo non l’ho chiesto a Corrado Pani, quando l’ho incontrato, un pomeriggio d’autunno, a Roma Nord. Aveva appena concluso la partita, fiato corto, solo qualche attimo, poi ha recuperato, con quella capacità che hanno gli attori di sentirsi sul palcoscenico sempre al momento giusto. Attori o atleti, giocatori di area teatrale o sportiva. Corrado-Dimitri, occhio ironico, sa già che la domanda arriva, ma di quella storia con Mina Mazzini non vuole parlare. Non vuole rievocare quella volta che due ragazzi celebri, lui 26 anni e lei 22, due artisti col mondo nelle mani rimasero tutta la notte a parlare. E Mina si trovò un biglietto:”Mi sei rimasta dentro. E ora come farò?” La storia nasce così, nel ‘62, in un’Italia assolutamente non preparata alla convivenza tra una giovane donna e un uomo sposato, anche se è separato, anche se ricchi e famosi. Vanno a vivere in albergo, perché dividere la stessa casa è “concubinaggio”.

E basta particolari, perché qui c’è già l’intreccio di una commedia o uno sceneggiato tivù, in cui può rispecchiarsi un Paese, capace a volte di entrare nella vita delle persone senza chiedere permesso. Mina è in quel momento l’immagine stessa della giovinezza, della vitalità, anche della trasgressione. Come poteva frenarsi quel giovane romano di origine sarde davanti alla bellezza impetuosa della tigre di Cremona? E pensare che a lui non piaceva la musica leggera, “la trovo di una noia mortale, le canzoni le trovo stupidissime, mi diverte ogni tanto Califano, ma solo perché è amico mio”. Corrado Pani non lascerebbe mai un libro per un disco. Un libro, ma anche un copione teatrale, una sceneggiatura televisiva o cinematografica.

E qui entra in campo Dimitri, I fratelli Karamazov, quello stupendo sceneggiato in sette avvincenti puntate, tratto da Dostoevkij, che incantò gli italiani. Era il 1969. È impossibile riassumere le scene, le atmosfere, i tempi, la recitazione, le situazioni, i silenzi, se non lo si è visto. C’era il grande Salvo Randone, e anche Carlo Simoni, Umberto Orsini, Antonio Salines, Carla Gravina, Lea Massari, e c’erano molti altri straordinari attori. Corrado Pani ha interpretato altri racconti televisivi, radiofonici, ha fatto cinema, ma la sua arena è il teatro. Grande presenza scenica, portamento, sguardo, voce, aveva tutto. E infatti ha lavorato con Squarzina, Visconti, Trionfo, Ronconi, Strehler, Enriquez, interpretando tutto quello che c’era da interpretare. Da Goldoni a Miller, da Brecht a Cechov. Se n’è andato troppo presto, a 69 anni. Un protagonista, senza dubbio. Ma un primattore pacato, davvero sardo in quel carattere riservato, parole quelle giuste, non una di più. Però pronto all’azione, quando si è innamorato follemente di Mina, capace di sfidare una società opprimente. Sì, ora che ci penso, Dimitri è uomo da tennis d’attacco, tutt’altro che borioso, ma pronto a scendere sotto rete e piazzare il colpo vincente. Come Gigi Riva.