Franco Solinas, scrittore e sceneggiatore di capolavori cinematografici_di Attilio Gatto

Bella casa, essenziale, con mobili di pregio, antichi. Ero a Roma, davanti a Gillo Pontecorvo, pensavo ai suoi grandi film, al Marlon Brando di “Queimada”, e lui mi raccontava il mare di Franco Solinas. Il mare di Fregene, rifugio dello sceneggiatore e dei suoi amici, cui Franco aveva fatto da battistrada. Nato a Cagliari il 19 gennaio 1927, cresciuto a La Maddalena, Solinas aveva cercato e trovato una seconda abitazione nel litorale romano. Qualcosa che assomigliasse il più possibile alla sua Isola e al tempo stesso gli consentisse di creare un punto d’approdo vicino ai suoi collaboratori. Il villaggio pescatori – lontano dalle costruzioni borghesi – che presto divenne una Malibù. Meta di attori, registi e scrittori. Con Pontecorvo, Nanni Loy, Gian Maria Volonté, Marcello Mastroianni e Anna Maria Tatò, Francesco Rosi, Alberto Moravia e Dacia Maraini, Ugo Gregoretti, Lina Wertmüller, Ettore Scola. Insomma, un formidabile incubatore di idee, pensieri, progetti, pronti a diventare opere d’arte, a entrare nella storia del cinema e dell’editoria.

Quel mare, il mare di Fregene non era granché, non certo l’azzurro dell’arcipelago, la sabbia rosa di Budelli. Ma che pace! Il gruppo riusciva a concentrarsi, con la voce delle onde. Proprio lì Franco Solinas scrisse “Queimada” e “La battaglia di Algeri”, l’altro grande film anticolonialista di Pontecorvo, che in Francia suscitò tante polemiche.


E comunque quella visita nella casa romana del regista era per il Premio, la prima edizione del Premio Solinas, ideato da Felice Laudadio e voluto a La Maddalena da Gian Maria Volonté. Metà anni ottanta. Di lì a poco ci vedemmo nella cittadina dell’arcipelago. Discutevano amabilmente, ai tavolini di un caffè, Volonté, Rosi, Pontecorvo, Carla Gravina, Nanni Loy, Costa Gavras e Francesca Solinas, figlia di Franco. Gli amici, riuniti per ricordare uno scrittore, un talento del cinema. Ma com’era Franco Solinas? Che carattere aveva? Ecco la testimonianza di un altro amico, Bernardo Valli, il grande giornalista che ha percorso il Secolo Breve, girando e raccontando il mondo. Dal Vietnam a Cuba, dalla Cina alla Cambogia. Valli ha 90 anni e l’ultimo suo bellissimo libro è “Il mio Novecento” (edito da Archinto). Ha incontrato Solinas in Algeria, per il film di Pontecorvo, e in Vietnam, per un progetto non realizzato. Lo ha scritto su “Repubblica”, nel 2007, per i 25 anni dalla scomparsa dello sceneggiatore cagliaritano. Racconta:”Lo ricordo uomo di non troppe parole. La sobrietà del linguaggio e dei gesti gli conferiva un tratto aristocratico.

Quando riuscivi ad attirare la sua attenzione, socchiudeva gli occhi e ti sfiorava appena con lo sguardo. Se notavi una traccia di sorriso avevi passato l’esame. Nonostante il riserbo, l’apparente distacco, era chiara la sua estrema sensibilità, ed anche l’interiore tumulto di passioni, spesso ideologiche. Il suo comunismo era un’autodisciplina morale.” Il riserbo, il distacco, la sensibilità. L’essere sardo e anche uomo aperto al mondo era la cifra di Franco Solinas. La disciplina del lavoro e della morale erano alla base della sua creatività. E poi anche la chiarezza, lo studio, la facilità di scrittura, la curiosità, la capacità d’osservazione, l’impegno civile e sociale dalla parte dei più deboli. Quando tutto questo fa parte di un uomo, allora sorge qualcosa che possiamo anche definire geniale. Ma senza rigore, carattere, partecipazione, non si arriva ad un traguardo così importante. Franco Solinas ha cominciato come critico cinematografico a “L’Unità” e “Paese Sera”, poi i film. Ha lavorato con Comemicini, Camerini, Mattoli, Monicelli, Age e Scarpelli, Ugo Pirro. Per la regia di Pontecorvo ha scritto, in collaborazione, “La grande strada azzurra”, tratto dal suo romanzo “Squarciò”, e “Kapò”, candidato all’Oscar. E ancora “Ombre bianche” di Nicolas Ray, “Vanina Vanini” di Rossellini, “Salvatore Giuliano” di Rosi, “Quién sabe?” di Damiano Damiani, “Il sospetto” di Francesco Maselli, “Mr. Klein” di Joseph Losey, “L’Amerikano” e “Anna K.” di Costa Gavras.

Per l’amico Gillo Pontecorvo, come già accennato, ha sceneggiato anche “Queimada” e “La battaglia di Algeri”, lavoro che Solinas ha scritto da solo, candidato all’Oscar come migliore film straniero e come migliore sceneggiatura. “La battaglia di Algeri”, guerra di liberazione, è un affresco esaltante e tragico, come lo è “L’Amerikano”, che narra la guerriglia dei Tupamaros in Uruguay, ma è stato girato nel Cile di Salvador Allende, due anni prima del Colpo di Stato di Pinochet, che rovesciò nel sangue il governo democraticamente eletto. Franco Solinas, come un inviato speciale, lavorava sul campo. Studiava i caratteri, la cultura, la lingua. E pensava anche alla sua Sardegna, al mare de La Maddalena, dove appena possibile andava a pesca, attirato dalle radici, dai ricordi di gioventù, che alimentavano i suoi racconti, i suoi film. Tra i tanti scritti, aveva un soggetto su una vicenda accaduta nell’Isola. Il lavoro, la passione, il cinema come impegno, la notorietà internazionale, e poi l’irreparabile. Ancora Bernardo Valli:”Raccontano gli amici di Franco Solinas che i produttori americani, spinti da Martin Scorsese, stavano per impegnarlo in importanti progetti, ma prima di passare alla firma del contratto lo sottoposero alla protocollare visita medica. Le sue arterie risultarono in pessimo stato. Per rimetterle in condizioni di alimentare correttamente il cuore, fu proposto a Franco Solinas di sottoporsi a un bypass nel centro di chirurgia cardiaca texano di Houston, in quel momento il più qualificato del mondo. Ma lui non volle lasciare la casa di Fregene, affacciata sul mare.” A Fregene l’ha stroncato un infarto il 14 settembre 1982. Aveva 55 anni. Le ceneri sparse nelle acque dell’arcipelago. Una perdita, un vuoto per il mondo del cinema. Da allora ci hanno lasciato Gillo Pontecorvo, Nanni Loy, Francesco Rosi, Gian Maria Volonté, che è sepolto a La Maddalena. Ma l’evento culturale che hanno animato, con la loro sapienza e il loro mestiere, vive.

Resta il Premio Solinas, nato 35 anni fa, per valorizzare, sull’esempio del grande sceneggiatore cagliaritano, i talenti della scrittura cinematografica. Nel libro “Un attore contro” di Franco Montini e Piero Spila (Rizzoli) c’è una frase di Gian Maria Volonté:”Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita.“ Parole che valgono anche per uno sceneggiatore come Franco Solinas, un intellettuale con le sue idee di militanza politica, ma anche totalmente libero, con i piedi ben piantati in terra di Sardegna e capace di dialogare con le culture del pianeta.