Ne “La calda vita” sul set Cagliari, Villasimius, Catherine Spaak e tanti cagliaritani impazziti per lei_di Attilio Gatto

Lei, cappotto giallo, leggero, cappello nero, stile Audrey Hepburn. Lui, impermeabile beige, come Ubaldo Lay, il tenente Sheridan. Dialogano amabilmente la diciottenne Sergia – Catherine Spaak, – ragazza inquieta come lo è chi attraversa il confine dell’adolescenza, e il quarantenne Guido – Gabriele Ferzetti, – a suo agio nella parte di uomo maturo, riflessivo, complice e all’occasione amante. 1963. Bastione Saint Remy. Sullo sfondo la città.
Non sembra estate a Cagliari, piuttosto quel primo scorcio d’autunno che suggerisce di abbandonare le maniche corte. Ma “La cada vita” ha le sue esigenze, e dunque largo alle avventure sulla spiaggia e nelle acque di una Villasimius ancora immacolata, che però avverte l’arrivo del turismo di massa. “La calda vita” è un film dell’allora 37enne Florestano Vancini. Con Ferzetti e Spaak, lo interpretano il marito dell’attrice, Fabrizio Cappucci, Max, e un giovane francese, Jacques Perrin, Freddy. Tutti famosi. Tutti attori da “Dolce Vita”.
Lo “scandaloso” film di Fellini è del 1960. Lo stesso anno in cui Vancini gira, nella sua Ferrara, “La lunga notte del ‘43”, con Ferzetti protagonista, con Enrico Maria Salerno e con un grande Gino Cervi, gerarca che fa fucilare gli antifascisti. Catherine Spaak, giovane e bella francese di origine belga, è cresciuta in una famiglia di artisti. Il padre Charles nel ‘37 è sceneggiatore de “La grande illusione” di Jean Renoir. Catherine debutta con Lattuada, proprio nel ‘60, a 15 anni, in “Dolci inganni”. Seguono nel ‘62 tre film importanti, “Diciottenni al sole” di Camillo Mastrocinque, “La voglia matta” di Luciano Salce e un film davvero celebre, “Il sorpasso” di Dino Risi, accanto a Gassman, Trintignant e Claudio Gora.

Nel ‘63 l’affascinante Catherine sposa Fabrizio Capucci, 23 anni, fratello dello stilista Roberto, conosciuto sul set de “La voglia matta”. Ma il matrimonio non dura: finisce due mesi dopo la nascita della figlia Sabrina. L’altro attore che fa parte della compagnia, Jacques Perrin, è un parigino di 22 anni, che l’anno prima ha interpretato, accanto a Claudia Cardinale, “La ragazza con la valigia” di Valerio Zurlini.
E dunque questa troupe che sceglie la Sardegna fa notizia in Italia, oltralpe, e non solo. Incuriosisce la scelta della location. Villasimius, incanto di mare e spiaggia, sembra un luogo fuori dal mondo, spazio libero, dove i quattro protagonisti – tre uomini e una donna – mettono in scena tensioni, sensazioni, trasporti e rapporti che s’intrecciano.
L’oggetto del desiderio è Sergia. Max e Freddy ne sono innamorati, se la contendono, ma lei li tiene a bada. E invece si concede al navigato 40enne Claudio. È un gioco delle parti che finisce in tragedia. Sconvolto dal “tradimento” di Sergia, Max si toglie la vita. È a questo punto che per la ragazza avviene la svolta. Sergia prende la decisione: andrà via, all’estero e lavorerà come interprete.
È una storia di tormenti sessuali, di solitudini che s’incontrano e si provocano, ma è anche metafora delle inquietudini di un regista impegnato come Florestano Vancini. Nel ‘63 viene ucciso John Kennedy, muore Papa Giovanni. Due anni più tardi Marco Bellocchio gira “I pugni in tasca”, film arrabbiato. Il ‘68 già si sente. C’è aria di ribellione. Drammi personali e politici. Ricerca confusa ma tenace di affermare personalità e idee in nuovi territori, spazi che escludono il vecchio mondo borghese. I cagliaritani chiaramente sono coinvolti.
A Cagliari è la produzione, e gli scorci della della città, la spiaggia del Poetto, sono incantevoli, complementari alle bellezze di Villasimius. Bellezze in cui spicca la diciottenne Catherine Spaak, inquieta e capace di far inquietare i coetanei perché ancora non sa cosa vuole dalla vita. È lei la star. È lei che i giovani cagliaritani cercano con lo sguardo durante le riprese. Di lei parlano e scovano le notizie su giornali e cinegiornali.

E qui devo doverosamente citare un collega, Gianni Olla, che riferisce quanto racconta il critico dell’Unione sarda all’epoca. E cioè a dire che i ragazzi e le ragazze, scelti come comparse, nel buio della sala cinematografica tentavano di riconoscersi alle spalle dei protagonisti. Quel critico è Mad, Mariano Delogu, avvocato, che è stato presidente del Cagliari Calcio, sindaco della città, senatore.
Dunque, un film che parla di noi, delle nostre ansie, della nostra volontà di conoscere e di affacciarci sulla scena del mondo, per affermarci come persone dotate di sentimenti e di ideali, alla ricerca di un posto nella società. In questo la gioventù di ieri e di oggi si può senz’altro identificare, come si rispecchiarono allora ragazze e ragazzi cagliaritani. “La calda vita” è un passaggio per tutti, magari con ambizioni e scenari diversi.
Ma è una soglia che ci chiama alla prova. La spiaggia di Villasimius, gli angoli di Cagliari, che fanno da sfondo al film, forse sono la nostra voglia di bellezza, di benessere, che purtroppo lascia sul campo qualche brutta storia, ma ci invita alla fiducia nelle nostre forze, a rialzarci sul cammino della vita, C’è anche una curiosa coincidenza, come dire, alla rovescia. “La calda vita”, set in Sardegna, è un film tratto dal romanzo di Pier Antonio Quarantotti Gambini, che si svolge sulla costa istriana.
Ma c’è un altro film, set tra l’Istria e la Dalmazia, ambientato a La Maddalena. È “La grande strada azzurra”, regia di Gillo Pontecorvo, scritto da Franco Solinas e tratto dal suo romanzo, “Squarciò”. Protagonisti Yves Montand e Alida Valli. Racconta la storia maledetta di un pescatore, ucciso dall’esplosivo che usa contro i pesci, mentre “il cielo è coperto di nuvole basse che tagliano a metà la luce del sole appena sospeso all’orizzonte.”