Tutte le mie donne del cinema e del teatro_di Attilio Gatto

“Pronto…c’è una certa Giuliana per te.” Fu con questo film degli anni sessanta – il flirt tra due studenti alle prese con la maturità liceale, addio alla gioventù! – che m’innamorai di Mita Medici, come i ragazzini s’innamorano delle attrici che ammirano al cinema più vicino. In questo caso il “Due Palme”, la sala della Manifattura Tabacchi, Viale Regina Margherita, quartiere Marina, a Cagliari.
Le altre mie passioni preadolescenziali furono l’affascinante Ilaria Occhini, autrice di un’autobiografia che sembra la didascalia di una sua foto, “La bellezza quotidiana, una vita senza trucco”, e la giovane Loretta Goggi, quando in tivù interpretò “La freccia nera”, 1968, uno degli avvincenti sceneggiati di quell’epoca, diretto da Anton Giulio Majano. Mita Medici la vidi poi allo stadio Amsicora, gli spalti affollati dopo la partita del Cagliari femminile. Cantava “Sora Menica…oggi è domenica…lasciace sta”, uno straordinario cavallo di battaglia di Gabriella Ferri. Nello stesso concerto – organizzato dal Presidente della squadra rossoblu, Alvaro Amarugi – ricordo Al Bano, che era né più né meno come oggi, gran voce proiettata sul pubblico.
E sempre Mita Medici fu protagonista di un Plauto, alla Fiera, con gli istrionici Paolo Ferrari e Ernesto Calindri. Spettacolo gradevole – molto ben costruito – dell’estate cagliaritana, con un trio di attori affiatati, padroni dei tempi e della scena. Di Signore del teatro la Sardegna non può lamentarsi.

Lia Careddu ha davvero offerto grandi prove in innumerevoli ruoli di notevole difficoltà. Ma a me piace ricordare “Il cappotto” di Gogol, regia di Guido De Monticelli, senza dubbio un pregevole assolo in cui l’attrice rivela grande maturità espressiva. Ogni volta che vedo questa performance di Lia, anche sfogliando le pagine di YouTube, colgo un’espressione, una sfumatura, un segno, che danno nuova vita allo spettacolo.
E questo, in fondo, è il teatro, mai uguale, non ripetizione, sempre capace di inviare nuovi messaggi. E poi ci sono le altre importanti interpreti: Isella Orchis, Maria Grazia Sughi, Maria Grazia Bodio, Rosalba Ziccheddu, Cristina Maccioni, che con “Baranta” ha raccontato in un filmato di 45 minuti la lunga e gloriosa storia del Teatro Sardegna (si può vedere nella piattaforma “Sardinia Media”). Tra le protagoniste della scena sarda “Le Lucide”, Tiziana Troja e Michela Sale Musio, attrici di un teatro di contaminazione, dissacrante e divertente.
Marina Giordana, figlia d’arte, la ricordo in uno spettacolo molto ben riuscito, con tempi e ritmi sostenuti, “Centocinquanta la gallina canta”, la satira linguistica di Achille Campanile vista da Marco Parodi.

Tra le attrici straniere nel mio personale teatro delle donne spiccano Romy Schneider e Vanessa Redgrave, oltre naturalmente a Marilyn Monroe. Tra quelle che ho intervistato ricordo il carisma di Paola Borboni, la personalità di Anna Proclemer, il carattere di Valentina Cortese. Tutte di scena tra l’Alfieri, il Massimo e l’incanto del teatro romano di Nora, dove “La notte dei poeti” del Cedac ha per colonna sonora la voce del mare. Un posto d’onore merita Valeria Moriconi, grande attrice, davvero protagonista, signora della scena che ha recitato – tra gli altri – con Eduardo De Filippo e Totò.
Stupenda al Teatro Alfieri in “Filumena Marturano”. E non ha età il fascino di Lucia Bosè: ci ha lasciato un’immagine di donna che muta con il tempo e con lo stato d’animo, come “Nostra Dea” di Bontempelli cambiava personalità con l’abito, come le femmine camaleontiche di Buñuel.
Dall’eleganza dei capelli scuri in gioventù alla stravaganza dei capelli blu nella maturità. E c’è la personalità di Marina Berti, che intervistai tanti anni fa: sarebbe bello se in tivù trasmettessero un grande film del ‘53, “Febbre di vivere”, dov’è diretta dal marito, Claudio Gora. E ora spazio a un’attrice immensa, Mariangela Melato, che ha frequentato il mare della Sardegna per uno dei suoi film più famosi, “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wertmüller, ed ha dato il meglio di sé nel teatro, a cominciare dall’Orlando Furioso, la formidabile macchina scenica costruita da Luca Ronconi.
Mariangela Melato la vidi una volta a Roma, a una prima de “La tempesta” di Shakespeare, produzione del Piccolo Teatro di Milano, protagonista Tino Carraro. Lei, Mariangela, non era in scena, ma confusa tra il pubblico, non lontano dal Presidente Pertini. Entrambi attenti, rapiti dallo spettacolo. Mariangela, pur conscia delle sue grandi capacità, sapeva che dai colleghi, in qualunque circostanza, c’è sempre da imparare.
Chissà a quale personaggio pensava in quel momento, che carattere elaborava con la sua voce roca, inimitabile, e il suo sguardo intenso, magnetico! Un’altra diva l’ho vista sempre a Roma, al Teatro Sistina. Sarà stato l’81. O forse l’82. Insomma, primi anni ottanta. Il mattatore era Enrico Montesano con “Bravo!”, la commedia musicale di Terzoli e Vaime che riscopriva i vecchi comici del varietà.
Accanto a me una signora bionda che parlava fitto fitto – e criticava parecchio – con il suo accompagnatore. Una donna bella, d’una bellezza semplice, spontanea, schietta, senza fronzoli. Ma accidenti!, davvero perfezionista, tosta! Non perdeva un passo delle ballerine, una nota delle soubrette, una frase del primattore.
E picchiava duro con le sue battute. Eppure lo spettacolo era eccezionale, Montesano veramente “Bravo!” C’era un testo forte. C’era l’allenamento e la statura per reggere un musical diverse ore. Si rideva parecchio. Ma la mia attenzione era per la signora nella poltrona accanto. Ripeto, una donna semplice, semplicemente Monica Vitti.

La musa di Michelangelo Antonioni, la protagonista del cinema italiano, dei film dell’incomunicabilità. E io ero davvero emozionato! A questo punto chi manca? Manca una grande donna, una mattatrice del teatro e del cinema italiano, che ha attraversato e superato il Secolo breve con leggerezza e sapienza, con una cultura scenica fatta di pause e accenti d’una comicità allusiva, misurata e anche spietata.
Davvero un’attrice atipica Franca Valeri, signora milanese che nel teatro delle donne costruisce straordinari personaggi dall’indolente spirito romanesco. Qualche giorno fa, su Rai5, è passata una sua commedia degli anni cinquanta – gli inizi della tivù, – un’assoluta girandola di comicità surreale, nonsense, passi di danza, gestualità raffinata e inafferrabile.
Con lei c’erano una giovanissima Monica Vitti e l’immancabile Vittorio Caprioli. Tutti straordinari attori, ma Franca Valeri ha qualcosa in più, come se seguisse un suo monologo interiore, fuori dalla scena. Lei si trova bene a recitare e a scrivere. Infaticabile, invincibile, intelligente. Compirà cent’anni il 31 luglio. Auguri, Signora Valeri!