Giugno 7, 2023

Il film sulla poesia uccisa dalla volgarità quotidiana_di Attilio Gatto

Dino Risi

Abbiamo cominciato a girare le nuove commedie all’ italiana come per incanto.Tutti ne sentivamo il bisogno. Io per primo. Finalmente, sulle orme di Monicelli, Pietrangeli, Steno, Risi. Gli spettatori mi dicevano:”Provaci ancora!”Devo confessare che il panorama non proprio esaltante mi ha favorito. Sullo schermo intrecci non orIginali, come già visti. In fondo è stato facile. Io avevo esordito con una storia dolciamara. Interpreti presi dalla strada e dal teatro. Gente in gamba. È stato subito un successo.

Steno

Di pubblico e di critica. E allora:”Provaci ancora! Vai!” Uno, due, dieci, cento film. Sono partito con un’utilitaria. Sono arrivato con una Ferrari. È stata una corsa intorno all’Italia con la finestra aperta al mondo. Cosa ricordo? Tutto. Due famiglie di operai che stentano ad arrivare alla fine del mese. Una giovane donna che sfida il suo ambiente borghese. Una coppia di omosessuali che vive in un paesino di provincia. Un attore che muore sul palcoscenico. E potrei continuare a lungo.

Antonio Pietrangeli

Ma ciò che più m’importa è parlare di quello che considero il mio più grande film, il mio capolavoro. È un film sulla poesia, uccisa dalla volgarità quotidiana. Protagonista….no, non c’è un protagonista. C’è una sequenza di maschere tragicomiche – anime belle – che si scontrano con le ingiustizie della vita, col lerciume quotidiano.

E naturalmente soccombono. Ho scritto, girato e montato questa pellicola in dieci anni della mia vita. Quando l’ho conclusa non c’era più il pubblico per cui l’avevo pensata. Almeno così disse chi mi bocciò il film quasi fosse una casa con un abuso edilizio. La mia opera più grande dunque l’ho vista solo io, che ne conservo il ricordo all’alba dei miei cent’anni.

In copertina Mario Monicelli

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