Svetta ancora oggi Enrico Berlinguer_di Attilio Gatto

Sorriso timido. Oratore chiaro, lucido, ma non trascinante. Immagine tivù tutt’altro che da leader decisionista. Enrico Berlinguer ha conquistato gli italiani, non solo i comunisti, non solo gli elettori di sinistra, contro tutte le strategie formulate dai guru della comunicazione. Un successo che regge alla prova del tempo. Il suo carisma rimane intatto a tanti anni dal comizio a Padova (giugno 1984), il malore, il volto che si spegne, il dolore e l’affetto della folla immensa nell’ultimo saluto. Enrico Berlinguer è nato a Sassari il 25 maggio 1922.

Quale alchimia ha portato quest’uomo riservato, schivo, a diventare non solo il protagonista della politica nazionale, ma anche il compagno di strada, l’amico, il punto di riferimento nella vita di tutti i giorni? Parole ne sono state spese tante, ma le mille e ancora mille definizioni forse non bastano a contenere le sfumature di un profilo così complesso nelle maglie della maturazione linguistica.


Non ricordo più quale grande strutturalista, per ingannare la retorica dell’incipit di un romanzo, aveva immaginato di afferrare una parola che volteggia nell’aria come una farfalla imprendibile. Chi scrive cerca, per quanto può, di evitare frasi fatte, luoghi comuni, ma l’invenzione linguistica, il discorso che ribalta il tavolo, che indica la strada è frutto dell’elaborazione, dell’intuito visionario.
Visionario è senz’altro Gramsci, capace d’inventare parole nuove per dare forza all’azione politica. E lo è anche Berlinguer, quando parla di esaurimento della “spinta propulsiva” nelle società dell’est europeo. Ci voleva coraggio, in quegli anni, prima della caduta del muro. E ci vuole coraggio, visione, oggi, quando altri muri vengono innalzati. Perciò svetta Enrico Berlinguer, il leader dal carisma suo malgrado, che molti di noi sentono ancora vicino.