Bruno Corda: musica e calcio per il recordman delle radiocronache_di Fabio Salis

Onestà, trasparenza e schiena dritta: questi sono i tre principali attributi che contraddistinguono una persona di elevata caratura, in grado di tenere fede ai propri principi e soprattutto di non aver mai paura nel dire la verità, anche quando questa può essere scomoda.
Bruno Corda, prima di essere un giornalista dotato di spessore e rara passione, è soprattutto un uomo corretto e di valore, che si contraddistingue per la sua genuinità, come quella con cui raccontò il leggendario gol di testa di Zola messo a segno contro la Juventus nel 2005 al Sant’Elia. Tutti sentiamo riecheggiare nella mente le sue parole che raccontano l’azione, dense di pathos ed emozioni che le sue radiocronache hanno regalato ai tifosi e appassionati per quasi trent’anni.
In pochi sanno che la sua viscerale passionalità nasce dal fatto che abbia anche giocato a calcio: “da ragazzino giocavo in seconda categoria come mezz’ala, nella squadra del mio paese, e il mio idolo era Gianni Rivera”.

Grande appassionato anche del mare e della vela, Bruno è nato nel 1954 a Villamassargia e ha mosso i suoi primi passi della sua carriera come Disk Jockey nel 1976 a Radio 24 ore, diretta da Gian Giacomo Nieddu. Successivamente è diventato radiocronista delle gare di basket del Brill Cagliari, assieme al noto giornalista e conduttore Valerio Vargiu, con cui formerà assieme una coppia televisiva vincente e inossidabile, per poi passare a quelle del Cagliari. L’ultima esperienza televisiva che li ha visti assieme è stata la fortunata trasmissione Rossoblù 100 su Sardegna Uno, partita nel 2014 con la denominazione di Rossoblù 95 e conclusasi nel 2021.
Il mestiere del giornalista non è semplice, ma lui lo ha sempre svolto con rigore: “un giornalista dev’essere distante per poter essere libero nella critica e nel racconto, come mi insegnò uno dei miei maestri, Franco Brotzu”.
Da un anno e mezzo, Bruno Corda è anche diventato nonno del piccolo Nicola, avuto dalla figlia Angela, ed è salito sul palco a cantare e suonare con il gruppo degli Erimofando, gruppo che sta riscuotendo apprezzamenti nell’hinterland cagliaritano.

La maggior parte del pubblico ti conosce grazie al calcio, ma la tua più grande passione è sempre stata la musica. Negli ultimi tempi sei tornato a suonare sul palcoscenico con la tua chitarra.
“Il mio percorso artistico iniziò nel mio paese. A dodici anni avevo già in mano la chitarra e a sedici entrai a far parte del gruppo dei Solimano e i suoi dartoghi, come cantante e chitarrista. Il mio ingresso avvenne un po’ per caso, perché un giorno presi il posto di mio fratello che si era beccato la broncopolmonite. In due ore suonai tutto il loro repertorio e dal giorno per cinque anni diventai una presenza fissa nel gruppo, fino a quando si sciolse nel 1975.
Adesso dopo quasi cinquant’anni sono risalito sul palco. Circa un anno e mezzo fa, il mio amico bassista Roberto Pisano mi disse che c’era un gruppo che stava cercando un cantante e chitarrista. Ho colto subito l’occasione e ho iniziato a suonare.
Il genere musicale del gruppo è lo stesso che piace a me, musica anni Sessanta e Settanta. Suoniamo fra le varie, canzoni dei Beatles, Nomadi, i Bee Gees, Lucio Battisti e Fabrizio De André. Abbiamo già suonato in alcune birrerie dell’hinterland di Cagliari per serate benefiche e due settimane fa c’è stato il nostro esordio in una birreria del capoluogo. Il prossimo 21 gennaio suoneremo al teatro Houdini di Via Molise.
La musica è sempre stata importante per me. La mia chitarra non l’ho mai mollata, soprattutto con mio zio Cesare e i miei cugini durante le feste. Nell’ultima esperienza televisiva su Sardegna Uno abbiamo voluto avvicinare i nostri ospiti artisti al pubblico”.

L’inizio della tua carriera da radiocronista ha un filo rosso che la collega con i tuoi inizi musicali. Dalle prime radiocronache del Brill sei poi arrivato a quelle del Cagliari.

“Assieme alla musica, la radio mi permise di guadagnare i primi soldi. Rappresenta l’emozione più grande della mia vita. Dopo il diploma, nel 1975 mi trasferì a Cagliari. Erano gli anni in cui nacquero le radio private ed ebbi l’opportunità di collaborare: un giorno venni invitato ad Assemini per una trasmissione su Radio Discoteca. Mi scoprì Gian Giacomo Nieddu che mi ingaggiò per fare una trasmissione sui Beatles su Radio 24 ore: facevo la trasmissione “La ventunesima ora con Bruno”.
Nel 1977 Nieddu mi propose di fare le radiocronache delle partite di basket. Non avevo mai guardato nemmeno una partita di questo sport: comprai molte riviste per iniziare ad istruirmi e per tutta l’estate seguì gli allenamenti del Brill. Il basket mi ha aiutato poi a raccontare il calcio, perché i ritmi di questo sport sono molto elevati. Dopo nove mesi, venni mandato come inviato in trasferta per seguire Sanbenedettese-Cagliari, gara che fu la mia prima radiocronaca in assoluto”.
In quegli anni non avevate l’accredito per entrare negli stadi e voi radiocronisti frequentavate spesso le terrazze e i balconi delle case vicine.
“Alcuni presidenti delle società non gradivano che le radio private entrassero in tribuna stampa. Viaggiavo con i cavi della SIP, lunghi 300 metri, da collegare dalle case allo stadio.
Seguivo le gare dalle terrazze e i balconi: a Taranto addirittura mi arrampicai su un albero. C’era un pool radiofonico, in base al quale ci garantivano una postazione in ogni città e chi ci ospitava nelle case veniva pagato: mi capitò a Terni negli spareggi per la promozione in A del 1977, poi a Como, Pisa, Cesena, Genova e Licata. Una volta a Licata fui ospite nella casa di un finanziere, mentre un giorno a Livorno in tribuna un dirigente della Sampdoria mi aggredì facendomi cadere dalla postazione.
Nella gara della promozione in A con Ranieri del 20 maggio 1990 utilizzai per la prima volta un telefono portatile e raccontai la partita dalla curva in mezzo ai tifosi pisani. A Pisa non mi fecero mai entrare in tribuna, ma quella volta riuscì ad entrare negli spogliatoi e fare le interviste del dopopartita sotto la doccia col papà del presidente Orrù in lacrime. Arrivammo in studio alla diretta di Videolina sport dopo due ore, vista la folla di diecimila persone che invase l’aeroporto. Fu un’emozione meravigliosa”.
Nelle tue radiocronache riuscivi a trasmettere grande pathos e a trasferire in maniera fedele ai radioascoltatori le emozioni della partita. “Da giovane stravedevo per Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Allora si ascoltava alla radio “Tutto il calcio minuto per minuto” e la voce baritonale di Ciotti era per me il colore del calcio. Ameri parlava come una locomotiva, rappresentava la felicità.
Le partite del Cagliari che raccontavo alla radio le vivevo in maniera talmente profonda che per me era esattamente come scendere in campo. Cercavo di spingere il pallone in rete. Gioivo nei momenti belli e soffrivo in quelli di difficoltà, trasmettendo le stesse emozioni che provavo in campo quando giocavo a calcio da ragazzo. Da amante del calcio sono stato fortunato nel poter raccontare per tanti anni le gesta della mia squadra.
Le telecronache non rappresentavano solo il racconto della gara, ma anche di un popolo che cercava riscatto sociale. Quando il Cagliari giocava nel Nord Italia, si trasferiva un pezzo di Sardegna e le curve si riempivano di sardi emigrati, sentivi il calore.
Tra i gol più belli vissuti in cronaca che ricordo con più piacere sicuramente la doppietta di Galtelli nel 1979 che valse la promozione in serie A, quelli di Selvaggi e Gigi Piras nel 1980/1981, la doppietta di Fonseca a Marassi contro la Sampdoria di Vialli e Mancini”.
Hai raccontato con la tua voce le vicende relative a diversi periodi storici del Cagliari. Tanti anni bellissimi, ma anche alcuni bui negli anni Ottanta sotto la presidenza Moi.
“Iniziai a raccontare le partite del Cagliari quando avevo ventidue anni. Anche gli anni negativi della squadra mi hanno lasciato grandi insegnamenti, a partire dalla famosa gara di Ascoli della stagione 1982/1983, passando per il passaggio della presidenza a Moi, il ripescaggio in B del 1985 e il fallimento sfiorato dal club. Non dimenticherò mai gli anni positivi della gestione del club da parte della famiglia Orrù che, assieme a Ranieri e Carmine Longo, fecero la fortuna della squadra e anche il periodo successivo con Mazzone in panchina, tra il 1991 e il 1993.
Il rapporto straordinario prima con Gian Giacomo Nieddu e poi con l’editore Nichi Grauso è stato per me un grande valore, a significare libertà assoluta di parola e mai condizionamenti nel lavoro”.

La televisione rappresenta una parte importante della tua vita. Assieme a Valerio Vargiu formate una coppia consolidata e vincente alla conduzione e nelle iniziative editoriali, ma non solo.
“La nostra solida amicizia dura dal 1976. Il mio esordio nelle radiocronache fu proprio con Valerio in occasione di un triangolare di preparazione del Brill. Io raccontavo la partita da bordo campo e Valerio faceva il commento tecnico, quello che poi abbiamo fatto assieme per tutta la nostra carriera. Dopo quei nove mesi di basket, poi abbiamo iniziato un percorso col calcio che dura da quarant’anni.
Dopo dieci anni di radiocronache, nel 1987, il direttore Bepi Anziani mi chiese di fare le interviste anche per la TV e i servizi per il telegiornale. Poi iniziai anche a collaborare per varie trasmissioni, fra cui Videolina sport, all’epoca condotta da Giorgio Porrà. Fra le varie trasmissioni avevamo fatto quella del venerdì, “Anteprima sport”, poi “Arena Rossoblù” e “Poker di A”, dopo le quattro promozioni in A nella storia del Cagliari”.

Claudio Ranieri è tornato ad allenare il Cagliari. Con lui hai un rapporto di amicizia e una sinergia che ormai dura da più di trent’anni.
“Ricordo ancora quando allenava il Campania Puteolana e riuscì a battere il Cagliari in C1, io seguì la gara in una terrazza. In quella gara scattò una scintilla e poi un rapporto bellissimo con Claudio. Ci tengo a ricordare una storia: un giorno lo invitai, assieme a Matteoli, Francescoli ed Herrera, a visitare un bambino al microcitemico affetto da leucemia. Si chiamava Giuseppe Serra di Badesi e ricevette maglietta e pallone dai giocatori, ma purtroppo dopo poco tempo venne a mancare.
Quando ci salvammo in A ci ritrovammo casualmente a fianco in aereo e mi propose di organizzare una bella sfida in campo fra il Cagliari e i giornalisti. Gli dissi di fare una partita di beneficenza per i bambini del microcitemico, quello che poi ogni anno a fine anno divenne un appuntamento fisso del martedì, “Calcio e solidarietà”, con grandissimi ospiti al Sant’Elia. Nacque una delle più importanti e irraggiungibili manifestazioni a scopo benefico, che organizzammo per cinque anni assieme a Gigi Riva e a Pino Serra. Scendevano in campo squadre miste con giocatori del Cagliari, artisti, giornalisti. Nella prima edizione, grazie al ricavato, comprammo un videoregistratore con i cartoni animati per tutte le camere dei bambini del microcitemico”.

Il suo ritorno in panchina sta restituendo entusiasmo alla piazza, come non si vedeva da tanti anni.
“La gente sta nuovamente acquistando il desiderio di tornare allo stadio. Nell’ultima chiacchierata che ho fatto con lui mi ha folgorato col suo entusiasmo. Sono certo che riuscirà nel suo obiettivo, ha firmato avendo delle garanzie. Sta mostrando tutta la sua carica e se i giocatori riusciranno a trasmettere anche solo una decima parte di essa questa squadra volerà. Il mister cambierà i moduli in base alla situazione, senza focalizzarsi su uno schema tattico specifico”.