Dicembre 14, 2024

Ruggero Ruggieri, simbolo e memoria storica dell’Amsicora_di Fabio Salis

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Se si parla della Società Ginnastica Amsicora è inevitabile parlare anche di Ruggero Ruggieri, vero simbolo dell’ultracentenario club cagliaritano che ha il suo cuore nel glorioso Stadio Amsicora, teatro di grandissimi successi non solo del Cagliari Calcio, ma anche di intere generazioni di atleti amsicorini di varie discipline. Ha avuto il privilegio di poter vivere questi sessantanove anni di militanza all’interno della società da atleta, consigliere e presidente. Di questo traguardo oggi ne va enormemente fiero e racconta l’esperienza con dovizia di particolari.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, è stato un atleta di successo nei campionati giovanili, non solo nella velocità, ma anche nel lancio del peso e nelle prove multiple. Il tecnico Nello Usai dell’Istituto Martini fu il primo a credere in lui, intravedendo delle qualità sia a livello di rapidità che di temperamento. Le prime gare a cui partecipò furono con la casacca dell’Aquila, squadra nella quale militerà anche tra le fila del team di pallanuoto.

Il trasferimento all’Amsicora si verificò solo successivamente grazie al maestro Ginetto Brusa, che Ruggieri descrive in questo modo: “una persona gioviale, preparata, sia sportivamente che umanamente e che aveva il dono di farci riunire con piacevolezza e praticare l’attività sportiva con naturalezza, perché ci trovavamo tra amici che vivevano lo sport in maniera spensierata”. La carriera agonistica di Ruggieri si concluse anticipatamente, ma il sodalizio con la società non finirà qui.

Alla fine del decennio successivo, dopo l’elezione del dottor Nicola Spinazzola ai vertici del club, avvenne il suo ingresso nel consiglio direttivo. Questo periodo storico si caratterizzò per un rapporto di amore ed odio tra Amsicora e Cagliari Calcio e conseguenti guai dal punto di vista economico ed organizzativo, con Ruggieri che manifestò più volte il suo disaccordo con i vertici della società, guidata allora da Beppe Loy Puddu.

All’inizio degli anni Ottanta, tornerà a far parte attivamente del consiglio, ma stavolta nelle vesti di presidente. Da quel momento in poi inizierà un nuovo periodo d’oro per il sodalizio che fissò l’obiettivo di ripartire con ambizione, prima di tutto lavorando per riaccogliere nuovamente all’Amsicora il club della famiglia Orrù, durante i lavori di ristrutturazione dello Stadio Sant’Elia per Italia ‘90. Il sostegno economico del Comune fu decisivo. Il manto erboso del campo e la pista d’atletica rifiorirono, con il primo che, nella metà degli anni Novanta, diverrà “sintetico” per promuovere l’impianto come stadio dell’hockey.

L’allenatore Ginetto Brusa è stato una figura molto importante per lei dal punto di vista della crescita.

“È stato oltre che il mio preparatore, anche un istruttore con idee avanzate e non ce n’erano tanti come lui nel periodo del dopoguerra. L’Amsicora era dotata di un impianto, mentre altre società non erano così attrezzate. Dunque io mi iscrissi molto volentieri. L’ambiente era sereno e sano sotto tutti i punti di vista. Io non sono stato un grande atleta, sono stato solo uno dei tanti, però ho contribuito al successo che la società ha maturato nelle competizioni di atletica.

Quando ripenso a lui mi commuovo perché mi riporta ad un’età giovanile, priva di pensieri. Entrai in società nel 1951,quando avevo diciassette anni, e l’anno prossimo saranno passati esattamente settant’anni esatti da quell’anno. Allora per noi ragazzi non esisteva la possibilità di fare sport da bambini, ma lo praticavamo nelle strade dai 14-15 anni circa. Mi distinsi da subito in qualunque sport: ho praticato atletica, pallanuoto, calcio. La preparazione agonistica la svolgevamo nelle scale dei palazzi, nelle salite nelle strade. Il potenziamento muscolare avveniva in modo naturale, con quella progressività in modo tale da evitare infortuni. Infatti noi con i ragazzi abbiamo sempre utilizzato questa metodologia, senza mai forzarli. Dunque se un atleta ha talento va avanti, ma se non ne ha va comunque avanti con risultati inferiori, crescendo però sano sia fisicamente che mentalmente.”

Cenzo Soro

Oggi il mondo dello sport, anche a livello di gestione dirigenziale di una società sportiva, è radicalmente diverso rispetto a quello della seconda parte del secolo scorso.

“Venni invitato a far parte del consiglio direttivo dopo una parentesi di circa quattro anni in cui mi ero trasferito fuori città. Partecipare alle assemblee allora era un’occasione in cui noi atleti potevamo apprendere qualcosa che non si poteva apprendere durante l’attività agonistica.

Ho fatto il consigliere con un consiglio direttivo composto da giovani e anziani, struttura che oggi non esiste più. Negli ultimi anni la vecchia generazione che costituiva l’ossatura per la formazione per i più giovani è mancata. È stata un’occasione persa, perché l’evoluzione è una componente naturale che va colta. Non bisogna stare fermi. Il consiglio è formato da giovani ragazzi in buona fede, però oggi purtroppo non vedo un programma sportivo ben definito come un tempo.

La società Amsicora è una polisportiva complessa che dev’essere condotta in modo manageriale e che ha il vantaggio di avere un impianto tutto suo, ma allo stesso tempo lo svantaggio di dover sopportare i non pochi oneri relativi ad esso. Tutte queste cifre vengono quindi sottratte all’attività sportiva vera e propria ed è un aspetto negativo, perché alla fine il vero bilancio per una società sono i risultati conseguiti sul campo.”

L’hockey è sempre stato il cavallo di battaglia tra tutti gli sport praticati dagli atleti amsicorini.

“Nell’hockey avevamo un vivaio eccellente che rappresentava il segreto del nostro successo e una cantera preziosa da cui anche le altre società attingevano. Accoglievamo atleti provenienti da altre società isolane e riuscivamo a tirare fuori ragazzi talentuosi che contribuivano all’ottenimento di grandi risultati a livello nazionale, con Scudetti e Coppe Italia. Il mio unico rammarico è quello di non aver potuto bissare il successo ottenuto in Italia anche all’estero, dove il livello è più alto. Bisogna dire che in Italia questo sport, il fiore all’occhiello della società, non è più popolare come prima: ora con l’innesto di due o tre giocatori stranieri, e non c’è bisogno che siano di livello altissimo, si riesce a stare comunque al vertice.”

La storia dell’Amsicora si è intrecciata più volte nel corso dei decenni con quella del Cagliari Calcio.

“Bisogna dire che quando il Cagliari giocava le sue partite casalinghe e si allenava all’Amsicora, la nostra attività era penalizzata, anche se è altrettanto vero che sotto il profilo economico stavamo meglio sicuramente rispetto a prima. Sotto il profilo dei risultati invece ci fu un calo, perché non ci potevamo allenare con la stessa continuità di prima. I nostri atleti non potevano entrare dentro lo stadio ad allenarsi fino a quando non uscivano i giocatori del Cagliari. In quel periodo ne risentì anche l’hockey, che conquistò pochissimi titoli.

Durante la mia presidenza, nel 1987, anno in cui Lucio Cordeddu era amministratore delegato del Cagliari Calcio, cercammo di dare una mano d’aiuto alla società aderendo ad un aumento di capitale. Decidemmo di dare la nostra disponibilità per ospitarli all’Amsicora, ma chiedemmo che venisse effettuato un intervento strutturale per rendere l’impianto più efficiente. Questa richiesta non fu tuttavia accolta pienamente da parte del Comune che aveva la possibilità di fare molto di più. Intervenimmo successivamente per rifare l’impianto, prendendo in prestito circa settecento milioni di lire.”

Oltre ad essere stato una figura indimenticabile sulla panchina del Cagliari Calcio, Cenzo Soro ha fatto parte anche di tante pagine gloriose dell’Amsicora.

“L’ho avuto come allenatore, nel momento in cui capitava che Ginetto Brusa si scontrasse con la società e lui si metteva da una parte. Al suo posto subentrava sempre Soro. Quando diventai dirigente mi rimase sempre vicino. Era un grande uomo, un allenatore preparato soprattutto sul gioco di squadra: il suo lavoro è stato molto prezioso in particolare in riferimento all’hockey, perché si confrontava con il tecnico Filippo Vado, colui che aveva portato questo sport in Sardegna. I suoi consigli furono utilissimi.”

Il 2 luglio del 1997 al Sant’Elia, in occasione della finale nazionale dei Giochi della Gioventù, il Presidente del Comitato Nazionale Italiano Fair Play la premiò a bordo campo per un gesto di generosa sportività. Tra l’altro quel giorno era presente in tribuna anche l’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.

“Ci premiarono perché in occasione di un incontro dell’hockey femminile tra la S.G. Amsicora e la H.F. Lorenzoni di Bra, tra l’altro decisivo per la conquista del titolo italiano, offrimmo i nostri bastoni alle avversarie che ne erano rimaste prive a causa di un disguido aereo.

Il 1997 fu anche l’anno del centenario della fondazione del club e la società ricevette il Collare d’Oro del Coni, il massimo riconoscimento sportivo e io andai a ritirarlo di persona al Foro Italico. Contemporaneamente a noi, il conferimento venne dato alla Juventus Football Club, che nacque nello stesso nostro anno, a Valentino Rossi e alla nazionale femminile italiana di volley. Siamo stati i primi in Sardegna a ricevere quest’onorificenza e mi dispiace molto che questopremio non venga ricordato come si deve dalla collettività. In Italia purtroppo si parla quasi solo ed esclusivamente di calcio e anche alle Olimpiadi, l’atletica, che è la regina degli sport, non vive della luce che meriterebbe.

Siamo una società ultracentenaria e la più antica in assoluto della Sardegna, dopo la canottieri Ichnusa che però ha avuto grandi interruzioni di attività e questo però da noi non è successo, perché esclusa la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, non c’è stata mai nessuna interruzione.”

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