Luglio 27, 2024

A San Lucifero un portale e un portone raccontano_ a cura di Anna Palmieri Lallai

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 È piacevole soffermarmi ad ammirare, ma soprattutto a “leggere”, il nuovo portone bronzeo, che, dal 2014, è posizionato nell’ingresso principale della chiesa di San Lucifero, parrocchia della parte moderna del quartiere Villanova.

 La chiesa, ubicata nella via omonima, col prospetto rivolto verso il Parco delle Rimembranze e con la navata destra verso la piazza San Cosimo, è dedicata a San Lucifero, vescovo cagliaritano, noto per essersi opposto nel Concilio di Milano a Ario e all’eresia ariana, che negava la duplice natura di Cristo (umana e divina), venendo, di rimando, condannato dall’imperatore Costanzo a un lungo esilio. Conobbe, così, le terre d’Oriente, confinato prima in Siria, poi in Palestina e in Egitto, ritornando in patria solo poco prima di lasciare questo mondo terreno nel 371. Le sue spoglie vennero casualmente rinvenute, nel 1623, durante le ben note ricerche des Cuerpos Santos dei martiri sardi, volute dall’allora nostro arcivescovo Francesco D’Esquivel, in antitesi con l’arcivescovo di Sassari, Gavino Manca Cedrelles, per l’attribuzione del titolo di Primas Sardiniae et Corsicae, Questo ritrovamento diede grande rilevanza alla città di Cagliari e lustro alla figura del religioso, tanto che gli venne consacrata una cappella nella cripta dei Santi Martiri sardi, in Cattedrale, e nel 1626 la nostra Università lo volle ricordare nel logo dell’Ateneo insieme all’Immacolata Concezione e ai santi Eusebio e Ilario (461-468), primo papa cagliaritano. La chiesa omonima, risalente al sec. XVII, in origine quasi campestre e succursale della parrocchia di S.Giacomo, fu realizzata dal comune di Cagliari, tra il 1646 e il 1682, nel luogo della ritrovata sepoltura del vescovo santo, così che il presbiterio, in asse con la cripta e il sepolcro del prelato, è notevolmente sopraelevato rispetto all’aula. La chiesa, che ha alle spalle tanta storia e fede, è una delle poche chiese che, ispirandosi alla nostra Cattedrale, ha impianto a croce latina, con navata unica rettangolare, transetto e abside quadrangolare, mentre l’esterno, su progetto di G.Battista Perez, sì ispira alla corrente del manierismo, con elementi architettonici e decorativi provenienti da diversi stili. Il sacro tempio, che nel corso dei secoli è stata officiato dai Trinitari e dai Domenicani e ha ospitato per un certo periodo anche i Francescani Osservanti, prima di diventare parrocchia autonoma, in origine era intitolato alla Madonna del Rimedio o del Riscatto, invocata da S.Giovanni di Matha (1160-1213), fondatore dell’Ordine dei Trinitari (1666), per ottenere il riscatto degli schiavi dai saraceni, ricordando in questa nobile missione quella da sempre intrapresa dai Padri Mercedari di Bonaria. La chiesa di San Lucifero, al pari di tante altre chiese antiche cagliaritane, è depositaria di tanta fede popolare e il nuovo portone, contornato da un maestoso portale dal grande impatto visivo, ha il merito di riproporci importanti pagine di storia urbana e sacra.

Chiesa S.Lucifero-Portale e portone

Il portale, decisamente importante, è costituito da due colonne laterali, a tutto tondo in granito sardo, che, elevandosi su un’alta zoccolatura in pietra, terminano con capitello composito, ricco e vario, opera di scalpellini anche locali. Le unisce una trabeazione sormontata da un timpano curvilineo spezzato con due cani affrontati in pietra, chiaro simbolo domenicano (Domini-canes). All’interno campeggia lo stemma incoronato di Cagliari aragonese, con barras o pali e castello, subentrato nel 1326 a quello pisano, per essere sostituito con quello sabaudo solo nel 1766. Al di sotto, contornato da una semplice modanatura in pietra calcarea, ecco il nuovo portone bronzeo, splendido dono alla chiesa e alla città, realizzato, in soli cinque anni, dallo scultore di Dorgali Piergiorgio Gometz nel laboratorio di Antonio Mascia di Cagliari, su commissione del Rotary Club di Cagliari. Il portone, sintesi della Fede sarda a Cagliari e nell’Isola, si compone di un’ampia parte fissa, superiore, e di due ante con relativa zoccolatura, chiaramente ispirata alla tradizione sarda, con la “rosetta”, simbolico omaggio alla Madonna, e le classiche pavoncelle, con riferimento all’immortalità dell’anima. La parte alta, forse la più significativa perché attinente alla prima titolare della chiesa, ricorda e riproduce la Madonna del Rimedio, in trono col suo Bambino, fiancheggiata da S.Giovanni di Matha (1160-1213), fondatore dell’Ordine dei Trinitari (1666), primi titolari della chiesa,  e da S.Lucifero, sul lato destro. La Vergine ha in mano un sacchetto pieno di monete per il riscatto degli schiavi.  

La Vergine del Rimedio con S.Giovanni di Matha e S.Lucifero

Ogni anta è composta da sei formelle con relativa cornice, e comprende la raffigurazione in altorilievo di uno o più santi, il cui culto spesso è stato introdotto nella nostra fede dai diversi dominatori. Nell’anta sinistra, partendo dalla parte alta, nelle prime due formelle sono raffigurati, insieme, nella prima, S.Pietro e S.Paolo e nell’altra, i Santi Cosma e Damiano, i due santi medici, di origine greca, detti anargiri perché non si fecero mai pagare per le loro prestazioni.  Ai due santi per un certo periodo fu intitolata la chiesa paleocristiana di S.Saturnino quando, dall’allora nostro arcivescovo,  fu affidata agli Speziali,  che, di rimando, la vollero dedicare ai loro santi protettori, giustificando l’attuale toponimo di Piazza S.Cosimo. Nell’ordine successivo viene raffigurata Santa Cecilia, in ricordo della distrutta città giudicale di S Igia o Cecilia, alla quale è consacrata la nostra Cattedrale come parrocchia del quartiere Castello. La santa, protettrice della musica, è raffigurata con l’organo portativo da sempre suo emblema. L’affianca il riquadro con la figura di S.Barbara e la torre a tre “luci”(simbolo trinitario), dove la giovane fu imprigionata per volere del padre Dioscuro, pagano, come punizione per non aver rinunziato alla sua fede cristiana. Entrambe le giovani hanno una foglia di palma, simbolo del martirio patito. Nel livello sottostante seguono S.Giacomo con la “conchiglia”, simbolo del noto pellegrinaggio a Santiago de Compostela (Galizia), dove si trovano le spoglie del Santo, il cui culto fu introdotto in terra sarda dagli Aragonesi, e S.Fulgenzio, con il libro perché Dottore della Chiesa. Ricordo che Fulgenzio, vescovo di Ruspe, esiliato dall’Africa a Cagliari da Trasamondo, fondò nei pressi della chiesa paleocristiana un primo monastero, di cui si sono perse traccia e memoria.

Altri Santi e altra fede nell’anta destra, che, nella parte superiore riporta nella prima formella Sant’Efisio e San Saturnino, entrambi raffigurati come giovani guerrieri, da sempre grandemente “amati” da noi cagliaritani e non solo. S.Efisio, infatti, giovane militare romano convertitosi al cristianesimo, è venerato per averci liberato dalla funesta pestilenza del 1656. S.Saturnino, invece, giovanissimo cagliaritano, viene anch’egli martirizzato nel 304 durante le feroci persecuzioni messe in atto dall’imperatore Diocleziano, trovando triste fine alle porte della città,  venendo di rimando consacrato patrono di Cagliari. Nella formella adiacente appaiono i santi Camerino, Lussorio e Cesello, decapitati per la loro fede presso la Porta Cavana, in passato limite occidentale del borgo Villanova. I tre santi sono ricordati sia nel grande “retablo” della chiesa di S.Cesello (Villanova) che all’interno della chiesa di S.Lucifero, con un grande dipinto a olio. Nel livello sottostante sono riportate Santa Caterina d’Alessandria, laica di nobili origini, con la ruota dentata, simbolo del suo mancato martirio, e Santa Lucia che regge un piattino con i suoi occhi, mentre alte fiamme s’innalzano dal basso, per indicare una delle atroci sofferenze a cui la giovane fu sottoposta. Infine le ultime due formelle raffigurano S.Eusebio, figlio di S.Restituta,  cagliaritano e vescovo di Vercelli, che, avendo condannato l’eresia ariana, fu anch’egli esiliato in Palestina. Fede e tradizione vogliono che, rientrato in patria, abbia portato la statua della “Madonna nera”, esposta lungo la navata destra della nostra Cattedrale.  Infine ecco l’esile figura di San Benedetto, fondatore dell’omonimo Ordine religioso, che mostra la sua regola “Ora et labora”.

 Le maniglie, in modo piuttosto originale, sono formate da “teste” con palese riferimento ai quattro santi Evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Segue la zoccolatura, che, come accennato, riporta la classica “rosetta”, la pavoncella e la “ruota”, simbolo del Rotary Club, Cagliari, committente di quest’opera magistrale.  Per quanto ogni paragone o richiamo sia sempre poco opportuno, ma questo portone, nella sua struttura e funzione, mi evoca vagamente (e forse ambiziosamente) la Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, che, con le sue scene bibliche, introduce al Battistero di Firenze. Ma tanta bellezza si ammira solo quando l’arte si mette al servizio della Fede, regalandoci delle opere veramente eccezionali, dove le mani dell’uomo sanno sprigionare tanta spiritualità, da ammirare e contemplare con orgoglio e stupore.

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