Aprile 25, 2024

Andar per chiese antiche/La chiesa di San Benedetto_a cura di Anna Palmieri Lallai

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La chiesa di San Benedetto, oggi nota anche come chiesa del “Buon Pastore”, con ingresso in via Giuseppe Verdi, occupa un posto di non poco rilievo nella nostra storia urbana. Infatti, con la sua presenza, nomina e denomina il quartiere in cui è ubicata, quartiere che, formatosi extra muros rispetto allo storico Villanova, ebbe il suo più intenso sviluppo urbanistico nel periodo post-bellico, dopo i bombardamenti su Cagliari da parte degli angloamericani del 1943.

Eppure questa chiesetta, da sempre semplice e modesta, prima in piena solitudine e oggi al centro di un intero rione, racchiude tra le sue sacre mura una pagina di interessante memoria cittadina forse poco nota ai più.

La chiesa S.Benedetto nel suo omonimo quartiere

Infatti, posta la prima pietra nel lontano 1631 dall’allora arcivescovo Mons. Bernardo de la Cabra (la prima eccellente vittima religiosa del “flagello di Dio” o peste del 1656), la chiesa e relativo convento furono realizzati in aperta campagna verso il 1643 per volere del ricco mercante genovese “don” Benedetto Nater, residente a Cagliari, che chiese ed ottenne che l’intero complesso, anche per analogia col suo nome, fosse dedicato a S.Benedetto da Norcia (480-547), fondatore del Monachesimo occidentale e dell’Ordine benedettino con la nota regola “ora et labora”.

Il grande benefattore, che per i suoi meriti acquisì anche “titolo” nobiliare, amante dell’arte, commissionò per la struttura diverse e importanti opere pittoriche ad artisti di scuola genovese del sec. XVII, ottenendo, come atto di profonda riconoscenza, sepoltura all’interno del convento dove una lapide funeraria lo ricorda anche ai posteri: Sepoltura de Don Benedetto Nater fundador el combentode S.Benito Ano Dni MDCLVIII- 1658.

Questo piccolo convento, in origine, fu il noviziato dei PP. Cappuccini, che, istituiti nel 1591 dopo il Concilio di Trento (1545-1563), fanno parte della grande Famiglia francescana. Così denominati dal loro saio marrone col cappuccio, i Cappuccini da sempre in città reggono la chiesa di S.Antonio di Padova o Santuario di S.Ignazio da Laconi, in Stampace alto.

L’antico “convento noviziato” di S.Benedetto  ha avuto il merito e l’onore di ospitare diverse figure religiose che, con la loro alta spiritualità, il loro misticismo e il loro operato, si sono distinte  tanto da essere ancora ricordate e venerate. Fra i tanti qui hanno soggiornato, per i canonici 12 mesi di noviziato, sia il semplice frate questuante Nicolò da San Vero Milis (1631-1707), sia, dal 1721 al 1722, fra Ignazio da Laconi, al secolo Vincenzo Peis, il santo cappuccino canonizzato da Pio XII nel 1951.

Nel convento è ancora conservata, trasformata in cappella privata, la sua celletta e la scaletta dove la Madonna della Consolazione, gli apparve e gli parlò. Ma con le leggi anti ecclesiastiche del periodo sabaudo, fatte proprie dallo Stato italiano, sulla soppressione degli Ordini religiosi (1866) e la confisca dei loro beni (1867), anche questo complesso fu destinato a diversi usi e cadde lentamente in oblio.

In tale occasione diversi dipinti, patrimonio del convento, furono sottratti ed ebbero altre destinazioni, tanto che alcuni si trovano ancora nella nostra Pinacoteca Nazionale (Castello), come “La Madonna d’Itria” del ligure Pantaleo Calvo, il ritratto di “S.Benedetto”, dovuto a un artista anonimo del sec.XVII,  e “Il Martirio di S.Lorenzo”, di Orazio de Ferrari, sec. XVII, mentre “S.Sebastiano curato da S.Irene” è ospitato nella sede principale stampacina dei Cappuccini.

  Solo col risorgere della città dagli orrori della guerra, la chiesa e il relativo convento ebbero nuova vita, e, ristrutturati, verso il 1923, furono concessi alle suore del Buon Pastore, trovando in Mons. Virgilio Angioni (1878-1947) un grande sostenitore, che, come segno di profonda gratitudine fu tumulato all’interno della cappella privata delle suore.

Dapprima la chiesa fu utilizzata come succursale della parrocchia di S.Giacomo, poi, nel 1933,  fu promossa da Mons. Piovella parrocchia “provvisoria” del nuovo quartiere di S.Benedetto, finché, con l’edificazione,  nei primi anni ’60, della Chiesa di Santa Lucia, in via Donizetti, si creò la Parrocchia S.Benedetto-chiesa S.Lucia, solido legame tra le due “case religiose” tuttora esistente. Nel periodo postbellico il complesso si attivò in modo particolare per aiutare tanti bisognosi e ancora oggi le poche suore, instancabili, si adoperano per alleviare le sofferenze anche materiali di chi ha necessità.

La chiesa di S.Benedetto-prospetto

La chiesa, che ha conservato l’aspetto tipico delle chiese campestri che ancora possiamo ammirare sparse per il nostro territorio, si presenta con un prospetto vagamente quadrangolare, modesto e piano, senza alcuna esuberanza architettonica, riecheggiante molto vagamente lo stile gotico catalano ancora in voga all’epoca.

Il portale, in stile gotico, è delimitato da una modanatura semplice, che riporta, ai lati, nella parte alta, incisi in rilievo nella pietra, due fiori differenti nella loro realizzazione, mentre, al centro della trabeazione, fa capolino la testina di un angioletto. Il portone ligneo, a due battenti, rettangolare, lavorato a cassettoni, è sovrastato da un alto arco ogivale in asse con due oculi, di diversa dimensione e forma, che contribuiscono a illuminare l’interno.

Il coronamento finale, orizzontale e piatto, è caratterizzato da quattro merli frastagliati, equamente distanziati, elementi architettonici ormai rari nelle nostre chiese che ritroviamo solo in quella di San Bartolomeo.

Un piccolo campanile a vela, a una sola luce, s’innalza nella parte retrostante, in corrispondenza del convento con ingresso in via S.Benedetto. Ma da tempo il vano è vuoto perché l’antica campana recante la scritta SS.Francisce et Benedicte orate pro nobis. Anno Jubilei 1650 pare sia stata fusanel 1954 perché lo scultore Franco D’Aspro realizzasse la statua in bronzo di S.Ignazio da Laconi per il convento di Oristano.

Portale gotico della chiesa
Campanile a vela “vuoto”

Superati l’ingresso e la bussola sovrastata dalla cantoria, anche l’interno, piccolo e raccolto, emana un fascino antico che da subito si percepisce nell’aria invitandoci al raccoglimento e alla più intima preghiera.

L’impianto, che, come tutte le chiese dei cappuccini, è a una sola navata voltata a botte, presenta, sulla destra, due piccole cappelle introdotte da un ampio arco a tutto sesto e volta a crociera, mentre, sulla sinistra, si evidenzia una grande nicchia poco profonda.

Il presbiterio, voltato a botte, preceduto da un alto arco trionfale a tutto sesto, oggi si presenta modificato nel rispetto delle nuove disposizioni liturgiche dettate dal Concilio Vaticano II. Così, volendo avvicinare la liturgia ai fedeli, eliminata l’antica balaustra che separava il presbiterio dall’aula, ne è stato realizzato uno nuovo, che, ispirato alla più rigorosa semplicità, si presenta quasi a livello dell’aula con un altare maggiore essenziale nella sua struttura e tabernacolo inserito nella parete di fondo.

Pala d’altare

La parete presbiteriale è dominata da una grande pala d’altare attribuita al pittore E. De Cecchi del 1935, che raffigura, nella parte bassa, S. Ignazio in abito da francescano cappuccino con la tradizionale bisaccia da questuante, San Benedetto, sulla sinistra, e, al centro, in ginocchio, Santa Scolastica, sorella gemella di S.Benedetto.

Nella parte alta, dopo quattro angioletti che mostrano i Vangeli, sono raffigurati, nella Gloria dei cieli, la Madonna, Gesù e S. Giuseppe. La grande nicchia, che sulla sinistra, in passato, ospitava la pala d’altare tanto da conservarne la sagoma, oggi accoglie una croce formata da 11 formelle bronzee con scene della vita di Cristo realizzata nel 1972 su progetto dell’architetto Maria Freddi.

Sulla destra, entrando, si aprono due cappelle, comunicanti fra loro, di cui, la seconda, ha un coronamento esterno a decori floreali alternati a punta di diamante. La prima cappella, semplicissima, senza altare, ospita un grande Crocifisso bronzeo, collocato nella parete di fondo, mentre la seconda, dedicata a Gesù Buon Pastore rappresentato da un grande simulacro, custodisce, sotto il modesto altare marmoreo, un emozionante Cristo deposto, dagli arti snodabili, opera lignea di un anonimo artista, forse locale, databile tra il XV e il XVIl sec.

Statua del “Gesù Bupn Pastore”
Cristo “ligneo” deposto

Attraverso la sagrestia, collocata sulla destra, si accede al convento, nel cui interno, ricco di suggestione, si custodisce, come accennato, la lastra marmorea in ricordo della sepoltura del grande benefattore Benedetto Nater, ed è visibile la scala sulla cui sommità, nel novembre del 1722, la Madonna della Consolazione apparve e parlò all’umile fra Ignazio, la cui statua in alabastro è da tempo esposta nella chiesa madre di viale fra Ignazio.

L’ex celletta, occupata in passato da Sant’Ignazio, è stata trasformata in una piccola cappella riservata alle religiose, il cui altare è sovrastato da un grande dipinto a olio raffigurante la “Crocifissione”, con le figure di S.Antonio, S.Francesco, San Benedetto e Sant’Egidio, patrono dei ferrai e argentari, opera di Pantaleo Calvo,sec. XVII, mentre una nicchia vetrata sottostante l’altare custodisce un simulacro di S.Teresina giacente. Sulla destra, come detto, riposano le spoglie mortali di Mons. Virgilio Angioni (1878-1947), benefattore degli abbandonati.

Lapide commemorativa
apparizione Madonna a S. Ignazio
La “Crocifissione”
pala d’altare P. Calvo

 All’interno del convento tra tanto verde si apre un chiostro con un pozzo centrale, una statua di Mons.Angioni, qualche frammento architettonico e una grande palla di cannone, triste reminiscenza bellica.

Questa è in sintesi la chiesetta di San Benedetto o del Buon Pastore, dove, tra semplicità, suggestione, esposizione di lapidi commemorative e non solo, si ammira un luogo sacro, che, nel silenzio più profondo, custodisce una pagina di storia urbana di straordinario interesse, e, mentre merita una nostra attenta visita, ti sa regalare una autentica oasi di pace.

Chiostro interno al convento

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