Marzo 28, 2024

Popolo Nuragico: tombe e riti funerari_di Tarcisio Agus

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In questo nostro periodo chiamato Bronzo Medio, abbiamo visto la nascita e lo sviluppo dei nuraghi, elementi principe del megalitismo sardo, ma come abbiamo più volte accennato questa importante tecnica costruttiva dai grandi massi non la ritroviamo solo nel monumento più rappresentativo dell’isola, ma anche nella sfera spirituale e della morte del popolo nuragico.

In questo nostro breve escursus affrontiamo le tombe ed i riti funerari del popolo nuragico.

Come per tutti i popoli del mondo la cura applicata alle sepolture ed i riti ad esse connessi, ci offrono  una idea della sua organizzazione sociale.

Il termine Tomba di giganti è senza dubbio dato dalle sue dimensioni che se riservata ad una unica sepoltura certamente viene da pensare che ospitasse un corpo di imponenti dimensioni, oppure il capo tribù, ma così non è, come sappiamo, trattasi di una sepoltura collettiva.

La sua struttura monumentale è composta da un corridoio che ospita le inumazioni e da un fronte con due braccia  a semicerchio, meglio nota  Esedra.

La sua monumentalità e la camera per le sepolture multiple, ci conducono a ritenere trattasi dell’area funeraria di una intera comunità insediatasi in prossimità.

Pur mantenendo, grosso modo, lo schema costituito del corpo absidato, che ospita la camera, e l’esedra, questi monumenti si differenziano in particolare proprio in quest’ultima parte.

Nel centro Sardegna intorno al XVII – XVI secolo a.C. le tombe sono costruite con blocchi a filari e sul fronte dell’esedra, in posizione centrale, predomina una stele di grosse dimensioni, spesso decorata e con alla base il portello per la deposizione delle offerte. Mentre nella parte sud dell’isola, in un periodo compreso fra il XV e XII secolo a.C.,  gli elementi essenziali si mantengono, ma non è presente la stele.

Lo spazio dell’esedra era anche il luogo dei riti e di commemorazione dei defunti. Già Aristotele ci ricordava che gli abitanti della Sardegna usavano dormire presso le tombe. Certamente la forma dell’esedra, quasi avvolgente, ci fa pensare ai riti di vicinanza con i defunti, ed alcuni studiosi sono del parere che  Su ballu tundu (ballo in tondo), sia uno  dei tanti riti, compreso il dormire presso le tombe, originato nello spazio dell’esedra durante lo svolgimento cerimoniale  che univa gli uomini al trascendente. Il culto degli antenati era punto focale delle comunità nuragiche e così come i nuraghi, a seconda della comunità, più o meno numerosa e ed organizzata socialmente ed economicamente, erigeva il proprio monumento in onore degli eroi guaritori che pare perdessero, con la sepoltura, ogni ruolo sociale, anche se in diverse tombe si sono ritrovati oggetti personali, come il pugnale.

I ritrovamenti, in generale, prevalentemente presso l’esedra o nel primo tratto presso il portello, alla base della stele, sono gli stessi strumenti di vita comune, necessari per la continuità nell’aldilà. Trattasi infatti di olle, per contenere gli alimenti, di scodelle o ciotole, per i cibi, i tegami, per cucinare e i boccali per le bevande.

Dallo scavo delle tombe  si è potuto constatare che i defunti venivano deposti senza distinzione di sesso e ruolo sociale. La sepoltura si presume avvenisse calando la salma dall’alto, dopo aver  spostando una delle lastre di copertura della tomba. Sistema questo che consentiva di partire dal fondo del sepolcro e man mano che il monumento si riempiva, avanzare verso la stele ove, alla base, era  il portello, unico collegamento simbolico fra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Questi monumenti funerari si evolvono nel tempo, quasi a seguire lo sviluppo del nuraghe, dal monotorre al complesso, e nella fase tardo bronzo scompare anche l’esedra, si presume per il ritorno alle sepolture singole ed alla nascita dei pozzi  e fonti sacre, dove si spostano i riti e le cerimonie collettive. 

Alcune visite di questi nostri particolari monumenti sono meritevoli, per meglio comprendere la complessità costruttiva e la sua natura megalitica, nonché le più significative differenze fra le tombe, in particolare quelle con stele e senza.

Suggestiva ed affascinante è senza dubbio la tomba di S’Ena ‘e Thomes nel territorio di Dorgali. Databile tra il 1800 ed il 1600 a.C., si presenta al visitatore nella sua maestosità, data in particolare dalla  stele granitica di circa quattro metri d’altezza, con bordi in rilievo levigati e del peso presunto di oltre sette tonnellate. L’esedra è costituita da lastroni infissi, con dimensioni decrescenti sino alle estremità. Alle sue spalle si sviluppa il corridoio funerario della lunghezza di 11 metri.  Costituito da lastre in pietra con aggetto sino alla copertura a piattabanda.

Tomba di S’Ena ‘e Thomes – Dorgali

Molto similare è la tomba di giganti  Li Lolghi di Arzachena. Anch’essa composta da una esedra semicircolare composta da 15 lastroni infissi verticalmente e degradanti verso le estremità, con la  stele centinata che raggiunge l’altezza di 3,75 metri. Il suo corridoio funebre, decisamente più lungo, si sviluppa per circa 27 metri ed è costituito dal vano sepolcrale, oggi non più integro, ma ancora si legge la sua parte finale absidata che in molti dicono avere la forma di una chiglia di nave rovesciata. La sua particolarità è data da alcuni tratti che la caratterizzano, come un livello innalzato di 80 cm, con cista dolmeica di forma rettangolare lunga 3,70 m. e larga 0,95, con pavimento lastricato. Presunta parte del monumento più antico e successivamente inglobato dalla tomba di giganti.

Nella parte sud dell’isola merita una visita la tomba monumentale di Quartucciu a 25 chilometri da Cagliari, sul parco dei Sette Fratelli. Fa parte delle numerose tombe che perdono la stele anche se strutturalmente la tomba non muta nelle sue linee essenziali. Detta di Is Concias e meglio nota come  Domu ‘e S’orku (casa dell’orco). Il monumento che si conserva ancora in buone condizioni, presso la chiesetta campestre di San Pietro Paradiso, è costituito dall’esedra a filari di circa 10 metri   con la parte centrale che raggiunge i 4,50 m di altezza, a ricordarci le stele, con alla base il portello d’accesso.

La camera di circa 8 metri a base rettangolare è larga 1,5 m, ed è formata da lastre aggettanti a formare un corridoio  di sezione triangolare, e non trapezoidale, come buona parte delle tombe dei giganti, con l’altezza iniziale di m. 2,10   che va decrescendo sino a m. 1,70,  nella parte terminale.

Nella nostra tomba il portello d’ingresso è affiancato da un betilo in chiara funzione sacra, perché considerato la sede del Dio. Nel nostro caso ci riporterebbe al Dio Toro che molti studiosi ritrovano perfettamente rappresentato nella sagoma della tomba di giganti vista dall’alto, con lo schema geometrico  del viso taurino.

Un’altra tomba, che ho avuto la gioia di conoscere personalmente per via dell’ultimo scavo, è quella di San Cosimo a Gonnosfanadiga, nota Sa Grutta de Santu Giuanni (La grotta di San Giovanni).

Il termine grotta fa certamente riferimento al profondo corridoio funebre, fra i più lunghi sino ad oggi censiti, di forma trapezoidale, con l’altezza media della camera di m.1,90, chiusa a piattabanda, che raggiunge la lunghezza di metri 20,60.  L’esedra ha una corda di 17,70 metri ed il suo frontale risulta fortemente danneggiato, ma gli elementi centrali farebbero pensare al richiamo delle stele centinate, in quanto, oltre al portello di ingresso, nella parte superiore sembrerebbe esservi una  seconda apertura, come la bipartitura delle steli classiche che ritroviamo nel nord Sardegna.

Tomba di San Cosimo – Gonnosfanadiga

Certamente colpisce l’intitolazione del monumento a San Giovanni, aspetto che può essere avvenuto già in fase romana. Nel V secolo Sant’Agostino dava notizie dei festeggiamenti della natività di San Giovanni Battista, il 24 giugno, coincidente con il sodalizio d’estate. Nell’antica Roma il solstizio d’estate corrispondeva alla festa della Dea Fortuna. I templi alla Dea dedicati, nell’importante ciclo solare, erano meta degli umili ed indigenti, per offrire sacrifici, trascorrendo il resto della giornata in banchetti presso il tempio, con canti e balli che si protraevano, attorno al fuoco, nella notte della vigilia, con funzioni purificatrici e propiziatrici.

Vaghi di collana micenei – Tomba di San Cosimo (Gonnosfanadiga)

Le stesse funzioni, al sole nascente, venivano riconosciute all’acqua unita a fiori ed essenze naturali. L’esposizione ad est dell’esedra, ove si svolgevano i riti magico religiosi dell’incubazione, sono poi confluiti nei riti cristiani, al sole nascente del 24 giugno, celebrazione di San Giovanni Battista. Il monumento, nel tempo a noi prossimo, ebbe un importante intervento di ricerca nel 1981 e già si conoscevano interessanti manufatti provenienti da scavi clandestini, infatti il deposito della camera, al momento degli scavi era sconvolto ad eccezione di una parte retrostante l’ingresso.

Dei manufatti, oggi custoditi nei musei archeologici di Sardara e Cagliari, si sono recuperati delle olle biansate dall’orlo ripiegato a tesa interna e ornate con nervature a bozze mammillari in rilievo, così pure vasi con triangoli a grosso punteggio. Decorazioni ornamentali conosciute e rinvenute anche in altri contesti tombali dell’isola e non solo, che hanno permesso di datare il complesso funerario tra il XV e il XIV sec.a.C., meglio noto con l’appellativo di Età del Bronzo Medio.

Gli scavi, oltre che metter in piena luce l’importante monumento funerario, restituirono  67 grani di monili, in buona parte integri. Presumibilmente elementi di collane che adornavano il collo dei defunti, sono costituiti da grani in pastiglia, a perlina e dischetto dai colori che vanno dal  verde acqua, verde chiaro,  color crema, sino al turchese. Preziosi elementi che concorrono alla datazione del monumento, che ci riconducono ai rapporti di scambio culturali e commerciali con il mondo miceneo. Il Prof. Bernabò Brea, esperto miceneo, ritiene siano monili provenienti dalla regione elladica e databili al 1400 – 1300 a.C.

In copertina la Tomba dei Giganti di Is Concias a Quartucciu

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