Dalla didattica al territorio: la Spring School e la sfida della Terza Missione nei paesi che desiderano resistere_di Giuseppe Melis e Fabio Corona

Oggi più che mai, l’università ha il dovere non solo di “restituire” al territorio competenze e conoscenze, ma anche produrre valore condiviso in collaborazione con le comunità locali, ascoltandone bisogni, narrazioni e prospettive. L’esperienza della Spring School svoltasi a Villanova Monteleone dal 21 marzo al 17 maggio 2025 ne rappresenta una dimostrazione.
Nei piccoli paesi italiani si combatte ogni giorno contro l’oblio. Non è solo una lotta per mantenere i servizi essenziali, ma una battaglia per rendere visibile un sapere e un futuro. E qui l’università ha una responsabilità nuova e profonda: accompagnare questi territori in processi di riscoperta e di valorizzazione, con strumenti scientifici e approcci umani.

La Terza Missione come dovere trasformativo
Come chiarito dalle linee guida ANVUR, la Terza Missione include attività di public engagement, valorizzazione della ricerca e cooperazione con il territorio. Ma è soprattutto nella capacità di generare impatti misurabili che si gioca la sua credibilità
La Terza Missione non è più un’appendice dell’università, ma una delle sue funzioni fondative, insieme alla didattica e alla ricerca. Essa chiama docenti, ricercatori e strutture ad attivare processi di impatto culturale, sociale ed economico nei contesti in cui operano, con particolare attenzione ai territori più fragili o periferici.
Il caso della Spring School come laboratorio di co-creazione
l laboratorio realizzato a Villanova Monteleone ha superato il modello “trasmissivo” della formazione, abbracciando un paradigma trasformativo. La conoscenza non è stata solo erogata ma costruita insieme ai partecipanti, con una forte connessione con il tessuto socio-culturale locale. Il percorso ha attivato risorse latenti, reso visibili competenze diffuse e generato un prodotto – l’itinerario culturale – che rappresenta una sintesi tra sapere accademico e conoscenza situata
L’iniziativa è stata progettata e realizzata in collaborazione tra il dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università degli studi di Cagliari e il comune di Villanova Monteleone, nell’ambito del progetto PNRR “Alboergo – Opportunità d’impresa a Villanova Monteleone” (M1C3, Intervento 2.1).
I contenuti dell’iniziativa sono stati progettati attraverso una preliminare attività di studio del territorio, sia con dati secondari che con dati primari acquisiti nel periodo settembre 2024 – gennaio 2025 mediante focus group e interviste individuali. Questa ricerca ha coinvolto residenti, imprenditori locali e rappresentanti delle associazioni culturali, contribuendo ad evidenziare bisogni, aspettative e prospettive per lo sviluppo del proprio territorio. L’obiettivo principale è stato quello di strutturare un corso specificamente concepito per rispondere alle esigenze dei potenziali partecipanti e del territorio, adottando un approccio metodologico bottom-up, puntando a colmare le lacune evidenziate dalla comunità locale.
Anche l’organizzazione temporale del corso ha rispecchiato questa filosofia di ascolto attivo: da un’iniziale ipotesi di un’esperienza intensiva concentrata in una settimana o dieci giorni consecutivi, si è optato per una struttura più flessibile distribuita su sei weekend, con seminari programmati il venerdì sera e il sabato mattina (durata 3h ciascun seminario), facilitando così la partecipazione anche dei professionisti già inseriti nel contesto lavorativo.
Per l’approccio didattico è stata privilegiata una modalità partecipativa, superando il tradizionale modello della lezione frontale in favore di un ambiente di apprendimento caratterizzato da interazione e scambio continuo, in cui i relatori si sono posti “allo stesso livello” dei partecipanti. I seminari hanno visto alternarsi accademici, imprenditori di successo e professionisti del settore che hanno condiviso competenze ed esperienze.
Il percorso formativo si è sviluppato attraverso sei moduli tematici:
Il primo fine settimana è stato dedicato ai fondamenti dell’imprenditorialità, esplorando il significato del “fare impresa” nei piccoli centri e accompagnando i partecipanti nelle fasi iniziali di elaborazione di un’idea imprenditoriale. Le esercitazioni svolte hanno stimolato la formulazione di diverse idee con potenzialità di sviluppo.

Nel secondo fine settimana, i partecipanti hanno acquisito strumenti metodologici per l’analisi del contesto, familiarizzando con la SWOT analysis e il Business Model Canvas. L’applicazione di questi strumenti ha permesso di dare un po’ più di concretezza alle idee formulate inizialmente.
Il terzo fine settimana è stato dedicato all’approfondimento dello strumento del DMS (Destination Management System) come strumento importante per il marketing turistico, ma anche all’approfondimento di segmenti di mercato rilevanti, quali i nomadi digitali. La partecipazione del presidente dell’associazione nazionale nomadi digitali (Alberto Mattei) e la presentazione di un caso di successo nell’ambito del coworking in Sardegna (Carlo Coni – Treballu) hanno fornito spunti interessanti per la valorizzazione del territorio per questo specifico segmento.
Nel quarto fine settimana sono stati approfonditi gli aspetti tecnici della gestione finanziaria nella piccola impresa nelle sue diverse fasi di sviluppo, con il prof. Stefano Zedda, e aspetti di marketing territoriale e di strutturazione del prodotto territoriale di cui mi sono occupato in prima persona coadiuvato dal dott. Fabio Corona, che sta svolgendo il proprio percorso di dottorato con risorse dedicate previste nel progetto del bando Borghi.
Il quinto fine settimana è stato incentrato sulle metodologie di comunicazione online e offline per la valorizzazione del patrimonio territoriale e dei prodotti locali. L’intervento di Gianluigi Tiddia, esperto di marketing digitale, ha permesso di approfondire le migliori modalità per raccontare nei canali social, i prodotti o i servizi forniti dalle potenziali piccole imprese. I partecipanti hanno inoltre perfezionato gli elementi conclusivi del loro progetto finale: un itinerario storico-culturale concepito come autentico prodotto turistico.
L’ultimo fine settimana ha costituito il momento conclusivo del percorso formativo. La serata del venerdì è stata dedicata a una visita guidata del territorio, durante la quale i partecipanti hanno illustrato ad alcuni relatori diversi punti di interesse storico e culturale di Villanova Monteleone. Nella mattinata di sabato, durante la cerimonia conclusiva, l’itinerario è stato presentato ufficialmente all’amministrazione comunale e ad alcuni ospiti, con un apprezzamento condiviso per il lavoro svolto.
Alcune riflessioni finali
Innanzitutto, il progetto finale ha rappresentato non soltanto un esercizio formativo, ma un vero e proprio processo di acquisizione di consapevolezza: i partecipanti hanno riscoperto il proprio territorio, identificando risorse potenziali e traducendole in opportunità di sviluppo, ma hanno riscoperto, in qualche modo, anche loro stessi, sotto una luce diversa. Tutti i partecipanti sono partiti da determinate convinzioni su loro stessi, che si sono poi evolute lungo tutto il percorso, e la cui modifica è stata confermata dalla “performance” mostrata nel progetto finale. Il risultato finale si è rivelato un vero esempio di co-creazione, in cui i diversi attori si sono posti nella condizione di collaborare, partendo da risorse sia comuni che individuali, e sfruttandole in maniera cooperativa per fare in modo di creare il valore, ovvero l’itinerario. Inoltre, le competenze acquisite e la rinnovata consapevolezza dei partecipanti possono essere un punto di partenza per la produzione di effetti conseguenti, potenzialmente in grado di influenzare positivamente la comunità locale.
Nella valutazione finale di questa esperienza, utile per le ulteriori fasi del progetto di accompagnamento del Comune per diventare una “destinazione” turisticamente interessante, alcuni feedback sono arrivati in modo del tutto informale attraverso il riconoscimento di aver imparato qualcosa, nonostante una laurea alle spalle, così come anche l’emersione di un sentimento di affetto verso chi, come noi, si è messo in gioco e a loro disposizione. Nondimeno, va pure rilevato che una delle considerazioni emergenti dai questionari di valutazione finale è l’aver acquisito la consapevolezza che il cammino da fare è lungo, soprattutto lungo il sentiero della collaborazione e della cooperazione tra attori del territorio, individualmente bravi e capaci ma non sempre attenti nel porre al centro della loro azione la propensione a fare “squadra”.

Questi risultati sono rilevanti e importanti perché emergono a partire da una situazione di complessità contestuale, legata fortemente a dinamiche sociali presenti nel contesto. In questo senso, il percorso della Spring School può essere visto come un esempio pratico di ricerca-azione partecipata: un percorso che è stato strutturato a partire dalle esigenze riferite da un campione della comunità, che è stato valutato costantemente incontro dopo incontro, ed è stato aggiustato sulla base dei bisogni espressi dai partecipanti e dalle risorse presenti e utilizzabili. Ciò è stato possibile perché i ricercatori hanno saputo calarsi nella cultura locale, analizzandone le dinamiche e valorizzandole all’interno del progetto. Pur nella consapevolezza che determinati sistemi valoriali, determinate convinzioni o norme radicate in una comunità richiedano un lungo tempo per poter evolvere, il “laboratorio” della Spring School ha dimostrato che dalla combinazione di competenze tecniche, teoriche e approcci partecipativi, possono essere generati degli impatti positivi che pongono delle premesse per trasformazioni sociali di più larga scala.
Se oggi l’università vuole davvero restare pubblica, deve essere presente nei luoghi dove la presenza conta di più: non solo nelle città metropolitane, ma nei paesi, nelle zone marginali, nei territori che ancora attendono di essere guardati come spazi di possibilità. La Spring School di Villanova ci ricorda che non serve un grande centro congressi per fare buona università. Basta un luogo, una comunità e un’idea condivisa di valore.
