Aprile 18, 2024

Incontro con il regista Stefano Odoardi autore di Ballata Bianca _di Simonetta Columbu

0

Corot: ’‘ Non bisogna cercare, bisogna aspettare’’.

Stefano, in una Ballata Bianca ci mostri lo spaccato di vita di due anziani dentro la loro casa, è come se noi li osservassimo da uno spioncino. È come se aspettassimo che qualcosa accada, per poi capire che tutto ciò che dovrebbe accadere è già lì davanti ai nostri occhi. La messa in scena è già presente: la loro vita, fatta di silenzi, di momenti di sospensione e di attimi di quotidianità. Nelle tue opere e in particolare in Una ballata Bianca, sei tu che cerci qualcosa o sono i tuoi personaggi che lo fanno, che tracciano un loro percorso?

Io mi pongo sempre come un tramite, cerco di annullare il mio io. Il mio approccio alla messa in scena cinematografica è sempre intuitivo, non ho il controllo delle cose che accadono, ma faccio in modo che le cose stesse accadano e che si liberi qualcosa di straordinario attraverso i personaggi. Qualcosa di sconosciuto anche per me. Qualcosa che possa sorprendere prima di tutto me e di conseguenza gli spettatori. Ogni volta, se parliamo di immagini – perché il cinema si compone essenzialmente del linguaggio visivo – è come se volessi vedere per la prima volta qualcosa. Un’ immagine cinematografica si compone di tanti elementi: la luce prima di tutto che deve sfiorare e fa nascere per la prima volta i personaggi, i movimenti, lo spazio e il suono.

I tuoi personaggi parlano a sé stessi o allo spettatore?

I miei personaggi parlano sempre allo spettatore, di cui ho una grande considerazione. Attraverso i personaggi, mi rivolgo agli spettatori, definendo i limiti della dimensione reale della vita per portarli verso una dimensione altra e mi proietto, verso l’oltre, in una catarsi.

I tuoi personaggi sembrano immersi in un mondo onirico, ti appaiono in sogno? Preferisci il sogno o la realtà?

La dimensione onirica è quella che mi appartiene e questa dimensione inizio a costruirla dal primo momento in cui, per certi versi, intuisco un film. Spesso è come se avessi una vera e propria visione. Ma allo stesso tempo i miei film sono anche immersi nella realtà, i personaggi vivono anche situazioni reali. Anche se è meglio dire una ‘’estremizzazione della realtà’’. Ma è un contrappunto per negare l’importanza della realtà’ e dare valore e importanza all’immaginazione che può sempre cambiare lo stato delle cose o l’inerzia della realtà che in questo modo si trasforma in altro. 

Dalle tue opere trapela una grande importanza del metodo, sembra quasi che tu definisca i contorni di una scena e poi faccia agire i tuoi attori con una certa libertà. È così?

Il metodo è fondamentale per stabilire dei punti di partenza chiari che poi possono arrivare in luoghi e dimensioni inattese.

Fai tu le riprese?

Dipende dal progetto, nel caso della trilogia Mancanza sono io che sto dietro la macchina da presa, in altri no, ma sono sempre consapevole dello sguardo della macchina.

So che in alcuni casi hai commissionato la creazione di musiche dei tuoi film dando al musicista semplicemente dei disegni, e non mostrando tutto il lavoro. Come mai questo metodo cosi insolito? E a cosa da luogo?

Questa metodologia di lavoro l’ho utilizzata in modo particolare nella trilogia Mancanza che definisco un film non scritto. Ma non nel senso che non ci sia una sceneggiatura, sarebbe riduttivo e non sono interessato ai documentari. Voglio dire che ho scritto quest’opera non tramite la parola scritta ma attraverso disegni e acquerelli informali. Di conseguenza l’unico modo per comunicare con l’autore delle musiche era quello dei disegni o acquerelli. E’ una forma di comunicazione che conservo per me negli altri progetti e in modo particolare con un’attrice/autrice che è un vero e proprio punto di riferimento dei miei lavori: Angelique Cavallari.

Le tue opere mi appaiono caratterizzate da un realismo talmente forte che i personaggi appaiono irreali, sospesi. Te lo hanno mai detto?

Si, hai ragione. I miei personaggi sono iperrealisti, in maniera estrema, con una cura maniacale del dettaglio, e questa dimensione li rende inevitabilmente il loro contrario: sospesi e irreali. Il mio e’ sicuramente un approccio anti naturalista all’interpretazione. Diciamo che la critica cinematografica italiana spesso me l’ha detto ma solo per criticare negativamente il mio lavoro con gli attori. Il cinema è un’arte ancora in fasce, un’arte ancora troppo giovane per definirne dei limiti o darne dei giudizi affrettati. Ma io non sono interessato a manifestare il quotidiano nel mio cinema. Quindi come possono i miei attori essere naturali? E’ una questione di integrità artistica e il mio intuito segna con chiarezza il mio percorso e il mio metodo. E’ su questo che si dovrebbe discutere e approfondire e non sulla banale questione della interpretazione naturalistica o anti naturalistica.

Come scegli i tuoi interpreti?

In primo luogo cerco di capire se è possibile instaurare un rapporto di fiducia, perché insieme si inizia un percorso fragile che può essere facilmente criticabile e dal quale si può facilmente auto escludersi. Poi cerco di capire quanto si è connessi con la mia metodologia di lavoro. 

Attori professionisti o non attori?

Ambedue ma preferisco sicuramente attori professionisti, o meglio dire, ho bisogno di lavorare con interpreti che non eseguano la messa in scena di sé stessi o del loro quotidiano ma di personaggi che in fondo sono frutto del mio intuito e immaginazione e in tal senso gli attori professionisti sono più predisposti per disciplina, studio e in modo particolare talento.

Equilibrio e squilibrio?

Certamente squilibrio, è bello saper cadere, si hanno punti di vista diversi e imprevisti.

Valgono di più le certezze o le incertezze?

Risposta facile, le incertezze. In modo particolare sono attratto dalla forza del dubbio, se dubito durante la creazione artistica so di essere sulla buona strada.

Qual è un film che sogni di fare?

Il mio sogno è quello di terminare la trilogia Mancanza con l’episodio finale del Paradiso. Un progetto difficile da produrre perché non prevede sceneggiatura. Ho iniziato le riprese nel museo Van Gogh di Amsterdam e nel Rijskmuseum. Unica attrice protagonista Angelique Cavallari, angelo laico alla ricerca di uno stato di felicità attraverso la bellezza dei capolavori della pittura custodita nei più importanti musei del mondo.

Grazie Stefano! Viva le certezze, ma ancor di più le incertezze! 

About The Author

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *