Aprile 18, 2024

La presenza gesuitica a Cagliari_di Anna Palmieri Lallai

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In questi giorni, per motivi più politici che religiosi, abbiamo sentito nominare diverse volte i Gesuiti, il cui Ordine risale al lontano 1534 quando, il 15 agosto, giorno dell’Assunta, il giovane spagnolo Ignazio di Loyola (1491-1556), fondò a Parigi, quartiere Montmaitre, la Compagnia di Gesù, da cui deriva, appunto, la denominazione di Gesuiti. L’ordine, approvato nel 1540 da Paolo III con Bolla papale Regimini Militantis, prese il motto (tratto da S.Paolo) di Ad Maiorem Dei Gloriam (Per la maggior gloria di Dio) e, rielaborando il monogramma di Cristo, istituito dal francescano San Bernardino da Siena, i padri gesuiti crearono il loro emblema.

Questo, infatti, è costituito da un disco raggiante e fiammeggiante con le lettere JHS (Jesus Hominum Salvator), sovrastato dalla croce e dai tre sottostanti chiodi, simboli della Passione di Cristo, ma, idealmente, anche dei tre voti dell’Ordine, ispirati all’obbedienza, povertà, castità.

Stemma chiesa di S. Michele

   L’ordine ebbe la sua prima grande visibilità durante il lungo Concilio di Trento (1545-1563), che intendeva riordinare la Chiesa e rilanciarne con vigore l’influenza sulla cultura e sulla società. E durante i lavori del Concilio i Gesuiti, soprattutto con P.Giacomo  Laynez e P. Alfonso Salmerone, ebbero occasione di farsi notare per la loro posizione contro la diffusione del luteranesimo. In breve tempo furono apprezzati per la loro ampia cultura e circondati da grande stima tanto che l’ordine gesuitico ebbe una rapida diffusione per tutto il mondo occidentale, venendo ammirati e stimati non solo per la loro attività pastorale e le opere di carità, assistendo i più bisognosi, gli ammalati e i carcerati, ma anche, e soprattutto, per quella evangelica, diffondendo la parola di Cristo sia in Europa che in terre lontane tra gli indigeni dell’America.

Durante tale missione, sicuramente molto pericolosa per i tempi, numerosi padri gesuiti furono crudelmente martirizzati mediante crocifissione. A queste nobili attività i Gesuiti ne aggiunsero un’altra altrettanto importante, la cultura, istituendo dei Collegi, che, nello spirito della controriforma, miravano a formare e indirizzare i giovani verso la fede cristiana. La loro presenza fu ritenuta necessaria anche in Sardegna, dove, a Cagliari, furono chiamati nel 1564 dall’allora nostro arcivescovo Baldassarre de Heredia. Nella rocca castellana, i Gesuiti, grazie a lauti lasciti, occuparono dapprima gli spazi di precedenti modeste dimore ebree e nell’area costruirono il loro Convento e il primo Collegio. Il complesso, ubicato tra le carrer de Orifanti e le carrer de Santa Crue, era destinato soprattutto all’istruzione del clero per insegnare loro l’italiano in un quartiere dove la parlata era ancora spagnoleggiante. Più tardi ampliarono la struttura con un altro edificio (oggi sede della Facoltà di architettura), ubicato dall’altro lato di via Corte d’Appello, collegati con un porticato dalla caratteristica volta a vela.

Chiesa Santa Croce

Lo spazio religioso era talmente vasto e complesso da essere fornito, tra l’altro, di capienti cisterne idriche. Quasi in contemporanea, nel 1565, fu loro offerta dall’allora nostro arcivescovo, lo spagnolo Antonio Paraguès de Castillejo, la vicina sinagoga, ormai abbandonata dagli ebrei allontanati in perpetuo da ogni possedimento spagnolo con l’editto emanato a Granada il 31 marzo 1492 da Ferdinando II, re d’Aragona ed eseguito dal viceré Dusay.

Chiesa gesuitica S.Michele- Noviziato e interno

La sinagoga ebraica fu riconvertita in chiesa cattolica, denominandola, secondo prassi consolidata, Santa Croce, e, tra il 1565 e il 1569, fu ampliata e modificata radicalmente, secondo i loro dettati, dall’architetto gesuita Giandomenico da Verdina, usufruendo anche della generosa munificenza di Anna Brundo, marchesa di Villacidro.  Il Collegio castellano, in origine destinato alla formazione del clero, fu poi esteso anche   ai giovani nobili e benestanti del quartiere, mettendosi, col tempo,  quasi in antitesi con le vicine  Scuole Pie, istituite dagli Scolopi e aperte anche ai meno fortunati. A questo primo passo ne seguirono altri ugualmente importanti, come la fondazione verso il 1584 di un Noviziato, in via Azuni, già arruga de Santu Micheli, favorita dai cospicui lasciti di Mons. Giovanni Sanna, vescovo di Ampurias e la successiva attigua chiesa di San Michele Arcangelo, in Stampace storico, presso la porta dell’Angelo o dell’Alberti, la cui costruzione, richiese tempi piuttosto lunghi. Infatti, nonostante la munificenza dell’avv. Francesco Angelo Dessì, di Bortigali, la chiesa, esaltazione massima dello stile barocco, iniziata nel 1697 si concluse solo il 30 novembre 1738.

Ma il carisma suscitato in città dai Gesuiti fu veramente enorme tanto che, dopo un ulteriore lascito testamentario del cav. Francesco Giovanni Giorgi del 1611, i Gesuiti costruirono la loro casa professa, in Marina, poi affiancata da una chiesa, intitolata a S.Teresa d’Avila (oggi Auditorium Comunale) e da un ulteriore Collegio a cui si aggiunse il Seminarium Calaritanum o Collegio dei Nobili, nell’attuale piazza Indipendenza. Insomma, per dirla in breve, occuparono in breve buona parte dello spazio culturale cittadino, inserendosi “a pieno titolo” nell’istruzione pubblica ancora carente e con i loro Collegi, quasi si sostituirono al sapere pubblico, impartendo lezioni in catalano o castigliano e anche in italiano, allora usato solo da pochi privilegiati. Nei loro istituti, inoltre, l’istruzione era rivolta spesso non solo ai loro novizi, quindi ai tanti giovani destinati al sacerdozio, ma anche ai figli di aristocratici e di abbienti, creando in tal modo delle inevitabili divergenze sociali.

Marina- Chiesa S.Teresa

 La presenza dei Gesuiti in Sardegna e a Cagliari in particolare fu sollecitata non solo per la loro spiritualità, ma anche e soprattutto per il loro comprovato “sapere” che spaziava in vari campi della cultura. La loro preparazione, infatti, fu tale che furono chiamati ad insegnare nella nostra Università, fondata da Filippo III nel 1626, affidando loro degli incarichi importanti, quali l’insegnamento nelle Facoltà di Teologia e Filosofia, esteso, in seguito, ad altre discipline. Ma, come sappiamo, la vita talvolta riserva delle sgradite sorprese e l’Ordine fu travolto da aspre critiche e attriti accentuati maggiormente con l’arrivo dei Savoia in Sardegna-1720.

L’Ordine religioso, infatti, attraverso molteplici vicissitudini ed alterne vicende, fu messo sotto accusa anche per la loro indiscussa potenza acquisita col tempo e i troppi beni concentrati nelle loro mani. Ai padri gesuiti fu rimproverato non solo di non pagavano le tasse o decime ecclesiastiche, pur essendo beneficiari di numerosi lasciti e donazioni a discapito di altre istituzioni, ma anche di togliere, con il noviziato, tanti giovani al mondo lavorativo, mano d’opera utile in un mondo che cominciava a intravedere nuovi orizzonti. In breve l’ordine, colpito aspramente da un’ondata antigesuitica, fu soppresso il 21 luglio 1773 da papa Clemente XIV (1769-1774) col Breve Dominus acredemptor noster e tutti i loro beni, incamerati dallo Stato, presero altre destinazioni. I religiosi furono costretti a lasciare precipitosamente chiese e Collegi.

Più tardi, nel 1812-14, l’ordine venne ricostituito da Papa Pio VII ed i Gesuiti rientrarono in Sardegna nel 1822 e fu loro riaffidata la casa professa di Santa Teresa, in Marina, il noviziato di San Michele e il Collegio dei nobili. Ma ormai la fama dei Gesuiti aveva perso lo smalto che li aveva coperti di fama e il loro prestigio andò via via scemando anche per le non troppo celate antipatie con i Domenicani e gli Scolopi, entrambi eccellenti in campo culturale.

Così nel 1848 i Gesuiti furono cacciati da Cagliari per la seconda volta e i loro beni confiscati. In particolare la chiesa castellana di Santa Croce fin dal 1809 era stata concessa dal re Vittorio Emanuele I all’Ordine Mauriziano, di cui era Gran Maestro, elevandola al rango di Basilica Magistrale. L’attiguo Collegio divenne, col tempo, sede della Stamperia Reale fino al 1848, dopo della Corte d’Appello, da cui il nome odierno della via.

Stemma di Papa Francesco

Il noviziato stampacino   diventa Ospedale militare, la chiesa di S.Teresa, sconsacrata, diventa l’attuale Auditorium Comunale e l’adiacente vasto Collegio cambiò lentamente destinazione a seconda delle varie esigenze politiche, succedutesi nel tempo, devoluto, quindi, a pubblica utilità. Ma, nonostante tutto, in città  la mancanza gesuitica si percepiva  e fu l’arcivescovo Pietro Balestra che verso il 1910 li richiamò in città, dove tuttora operano con estrema discrezione sia a S.Michele che gestendo la Facoltà di Teologia, ubicata ai piedi di Monte Urpinu. Una presenza silenziosa, ma preziosa per la città, continuando con lo stesso impegno un cammino iniziato secoli fa e che dal 2013 ricordiamo anche con l’elezione di papa Francesco, il primo papa proveniente dalla Compagnia di Gesù, che, nello stemma, riporta l’emblema gesuitico insieme alla stella fiammeggiante di Maria e al fiore di nardo di S,Giuseppe.

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