Luglio 27, 2024

Le antiche cisterne della città di Cagliari_di Donatella Salvi

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I problemi relativi all’approvvigionamento idrico di Cagliari hanno trovato nel tempo soluzioni diverse.

Le testimonianze più antiche della necessità di raccogliere e conservare il prezioso liquido sono costituite dalle cisterne: sistema semplice, di carattere privato, che consentiva ad ogni abitazione di effettuare provvista d’acqua in proporzione alle precipitazioni stagionali.

Nelle case romane di età repubblicana la cisterna occupava una posizione obbligata: l’atrio, primo ambiente della casa, presentava infatti al centro uno spazio quadrangolare scoperto e rivestito da un pavimento impermeabile, al centro del quale un foro o una griglia consentivano all’acqua piovana che confl uiva dai tetti di raggiungere il serbatoio interrato.

Questo, che poteva avere capacità diversa, è scavato nella roccia ed ha per lo più una sezione irregolarmente conica; la bocca per attingere è laterale, ricavata al livello del pavimento ma protetta e sollevata da una vera in pietra.

L’area archeologica conosciuta come villa di Tigellio conserva un certo numero di cisterne che ben ne esemplificano la tipologia e la funzionalità.

Complesso archeologico della Villa di Tigellio – Cagliari

Fu certo di notevole impegno finanziario l’intervento pubblico che più tardi, nel II secolo d.C., assicurò alla città un impianto d’acqua corrente, adottando anche qui le soluzioni tecniche già sperimentate nella capitale e nelle più importanti città del mondo romano.

La sorgente in grado di consentire un apporto adeguato alle esigenze di Cagliari, centro ormai ricco di abitanti e di attività, fu individuato, pare, a Villamassargia. Fin lì, infatti, fu seguito nell’Ottocento il percorso a tratti sotterraneo, a tratti fuori terra realizzato in età romana, che si contava allora di ripristinare e che, nonostante il tempo trascorso, si era conservato in buone condizioni. Scelte diverse, che preferirono a questa proposta la realizzazione di un impianto totalmente nuovo, riportarono la struttura antica nell’oblio, agevolandone la graduale distruzione.

E’ quindi di straordinaria importanza scientifica e documentaria la possibilità avuta in questi ultimi anni di verificare il tracciato attraverso le testimonianze residue e di ispezionare lunghi tratti di questo percorso che si sono conservati nelle campagne di Elmas e di Villaspeciosa, trovando puntuale conferma alle descrizioni ottocentesche che ne fecero il Pascalet e l’Angius. Meglio conservate, ovviamente, risultano le parti interrate nelle aree dove non sono intervenuti lavori moderni di nuovi tracciati o di sbancamenti profondi. Il condotto, scavato nel terreno compatto, è rivestito da pareti in muratura accuratamente intonacate sulle quali poggia la copertura in embrici contrapposti a tettuccio; in embrici è anche il piano di scorrimento, raccordato alle pareti da un cordolo in cocciopesto.

L’altezza si aggira mediamente su 1 metro e 20 centimetri, l’ampiezza è di circa 60 centimetri.

A distanze più o meno regolari il tunnel sotterraneo è messo in comunicazione con la superfi cie attraverso un pozzo che consentiva il ricambio dell’aria e la possibilità per gli addetti di procedere ad eventuali opere di manutenzione.

Quando, rispettando la pendenza, il tunnel sbocca all’aperto, le pareti residue, totalmente a vista, consentono di comprendere come il lavoro di costruzione procedesse per brevi tratti, realizzando con armature in legno, del quale in qualche caso si percepisce l’impronta, gettate progressive di pietrame e calce. A dare conferma della datazione, già proposta sulla base di antichi ritrovamenti, è stata la presenza, su uno dei tratti scoperti nelle campagne di Elmas, di un embrice dotato del bollo del produttore continentale, Quinto Purusio Pudens.

Di questa importante opera di ingegneria idraulica Cagliari, che ne fu destinataria, non conserva che labili tracce, non sempre raccordabili fra loro. Sovrapposizioni e sbancamenti profondi per fondazioni e piani interrati hanno interrotto, o comunque nascondono, il percorso dell’acqua che nella piena età imperiale romana favorì il moltiplicarsi di impianti termali nella fascia compresa fra il Corso Vittorio Emanuele e Viale Trieste.

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