Ottobre 7, 2024

Andar per chiese cagliaritane/San Francesco d’Assisi_a cura di Anna Palmieri Lallai

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Con la perdita dell’antica chiesa di San Francesco di Stampace, crollata miseramente l’11 gennaio 1875, dopo tanta gloria e orgoglio cittadino, i frati francescani Minori Conventuali, che, a partire dal sec.XIII, l’avevano officiata per lungo tempo, rimasero senza una sede ufficiale.

Così, dopo aver retto per un certo periodo la chiesa della SS. Annunziata, sempre in Stampace, ottengono dal Comune un vasto terreno nel quartiere La Vega, nel versante occidentale della città, dove, in un passato piuttosto remoto, si estendeva il campidano cagliaritano, ricco di campagne fertili, con orti e vigne. Qui, in una zona in tempi remoti detta Is Stelladas, verso gli anni 30 del ‘900, si forma un nuovo rione, che rientra nella Cagliari moderna, che si sviluppa e ha un incremento demografico piuttosto intenso soprattutto dopo le rovine della seconda guerra mondiale, quando la città, ampliamente distrutta dagli anglo-americani, risuscita, con orgoglio, dalle sue ceneri.

Il nuovo rione ha bisogno anche di un luogo di culto e nella zona, a partire dal 1957, viene edificata una chiesa, che, sorta in nome e in sostituzione dell’antica chiesa stampacina, viene consacrata a San Francesco d’Assisi. Edificata su progetto dell’ingegnere romano Marco Piloni, sotto la direzione dell’ing. cagliaritano Angelo Binaghi, i lavori iniziano il loro cammino a grandi passi. Infatti, posata la prima pietra il 6 marzo 1957, la sua inaugurazione ufficiale avviene il 22 maggio 1963, venendo promossa parrocchia del quartiere da Mons. Paolo Botto, arcivescovo di Cagliari, dando così ai frati, che nel frattempo avevano avuto ospitalità presso le Suore Francesi di Seillon, in via Giardini, in Villanova, di prenderne possesso.

La chiesa, che si affaccia in via Piemonte, si presenta alla mia attenzione con un aspetto ben diverso dalla primitiva chiesa dedicata al Poverello d’Assisi, perché diversa è l’epoca della sua realizzazione, diversi i materiali edili utilizzati, diverso lo stile a cui si ispira,ma credo abbia il grande merito di aver saputo conciliare, nel limite del possibile, la tradizione col moderno, adattando il tutto ai tempi reali. Rivestita di trachite, comunemente nota come pietra di Serrenti, ha una forma geometrica abbastanza compatta, quasi quadrangolare, alleggerita nella parte superiore centrale da un ordine finestrato, che contribuisce ad illuminare piacevolmente tutto l’interno. Situata ad un livello leggermente superiore rispetto alla sede stradale, pochi gradini mi permettono di superare il dislivello naturale.

Il portale ligneo centrale, rientrante rispetto alla facciata, è affiancato da due ingressi laterali, più piccoli, sovrastati dai simboli francescani, realizzati in bronzo: sulla destra il classico simbolo francescano, con la mano di Gesù che s’incrocia con quello di San Francesco identificato dalla manica del saio, sulla sinistra il tau, ossiala croce francescana.

Sopra gli ingressi, su una pensilina, che contemporaneamente li protegge, si erge dal 1962 la statua bronzea del Santo, riprodotta con le braccia sollevate e lo sguardo rivolto verso il cielo, atteggiamento simbolico della vita spirituale dell’umile poverello d’Assisi. La scultura, che s’innalza sopra un piedistallo, è firmata e datata da Aroldo Bellini (1902-1984), scultore noto ed apprezzato non solo a Perugia, sua città natale, ma anche a Cagliari, dove ha realizzato, fra l’altro, la piccola statua bronzea della Madonna di Bonaria col Bambinello, inserita nella lunetta sovrastante l’ingresso del Santuario.

Statua bronzea di San Francesco- Aroldo Bellini 1962

Alle spalle dell’umile fraticello una bella ed alta vetrata rettangolare, a riquadri policromi, ne esalta la sagoma. Il tutto è piacevolmente inserito in un nicchione che termina con una sorta di timpano che delimita la facciata e che serve ad arricchire e contemporaneamente ad alleggerire l’intero complesso.

L’interno, a navata unica, dalla forma anch’essa quadrangolare, si presenta al mio sguardo sobrio, luminoso, spazioso tanto da ospitare quattro file di banchi. Nel passaggio che conduce al presbiterio, più stretto come richiamo al gotico dell’antica chiesa stampacina, si evidenzia un piacevole inserto in marmi policromi intarsiati riproducente lo stemma francescano. Nonostante l’apparente semplicità, la chiesa racchiude invece un interessante apparato decorativo con opere d’arte sacra, tutte con un valore altamente emblematico che penso sia bene evidenziare.

Tutta la parete presbiteriale, infatti, è occupata da un insieme di mosaici, vero vanto della chiesa, che, con una superficie complessiva di quasi 100 mq., abbraccia la zona absidale. Sono in tutto otto pannelli (tre sul lato destro, altrettanti su quello sinistro, uno in alto), che fanno da corona a quello centrale, più esteso, vero fulcro e cuore dell’intera opera musiva. Disegnati dalla pittrice perugina Gina Baldracchini (1893-1981), autrice anche di tutte le opere lignee della chiesa, sono stati realizzati, nel 1962, dal mosaicista catanese Franco D’Urso (1900-1989), artisti entrambi noti in città per i mosaici raffiguranti la vita umana e spirituale di San Salvatore da Horta, che dal 1967 ammiriamo all’interno della chiesa di Santa Rosalia, dove, sotto la mensa dell’altare maggiore, riposano in eterno le spoglie mortali dell’umile fraticello laico francescano. Il D’Urso realizza anche le scene bibliche del mosaico della chiesa di S.Lucia, in via Donizetti, disegnate da Anna Cervi. La Baldracchini è ricordata per aver lavorato per la chiesa della SS. Annunziata, nel Corso Vittorio Emanuele II, per il Santuario di Bonaria, ristrutturando la facciata e affrescando l’arco di trionfo, per una pala d’altare nella Basilica di Bonaria, mentre per la chiesa di Sant’Anna disegna il tabernacolo della cappella del Sacro Cuore, navata sinistra.

I due autori sono menzionati nella dicitura latina riportata alla base del pannello centrale dove si legge: Aluisa Baldracchini pictor imaginarius- Franciscus D’Urso pictor musivarius MCMLXII.  

I mosaici della chiesa di via Piemonte sono decisamente imponenti, realizzati con la tecnica delle tessere musive policrome, dove abbondano, in particolare, sia l’oro, per esaltare la grandezza divina, che l’azzurro, soprattutto nelle scene relative alla vita del Santo, per evidenziare la natura, tanto cara a San Francesco. La disegnatrice ha rispettato l’iconografia classica, ma la realizzazione evidenzia un tratto moderno, più adatto ai tempi della loro esecuzione. Le diverse scena sono inserite e delimitate da semplici cornici rosse, mentre due didascalie, d’ispirazione biblica, in oro su campo azzurro, a caratteri cubitali, inserite orizzontalmente, una nella parte alta, e l’altra in basso, recitano: Benedictus Deus qui praedestinavit me conformem fieri imaginis filii tui e, in basso, Partecipes enim Christi sumus adeamus ergo cumfiducia ad thronum gratia.

Guardiamoli insieme, partendo dal grande riquadro centrale.

Interno: aula, presbiterio, abside

Nel presbiterio, sopra l’altare maggiore, un mosaico policromo raffigura La SS.Trinità, con Dio, un vecchio dalla folta barba bianca, con tunica rossa e un ampio e candido mantello, che, assiso in trono (non visibile) dentro una mandorla azzurra con 15 stelle (Contorno ogivale), tiene con la sinistra il mondo, mentre la destra è in atteggiamento benedicente. Da Dio, circondato da un insieme di angeli svolazzanti, che sembrano voler sostenere la mandorla divina, e dalla Colomba, metafora dello Spirito Santo, nella parte bassa, si irradiano fasci di raggi verso il Cristo in croce, che, col capo ormai reclinato, si sacrifica e muore per la salvezza dell’umanità. Anche quest’opera, fusa in bronzo, è frutto dell’estro del Bellini e ricorda i cinque Cristo dolorosi conservati in altrettante chiese cagliaritane (S.Giacomo-SS.Oratorio-S.Giovanni- S.Anna- S.Croce).

Pannello centrale: la SS.Trinità e il Crocifisso 1962

I sette pannelli che contornano il centrale, raffigurano altrettanti episodi della vita di San Francesco (1181-1225), evidenziando i momenti fondamentali della storia, umana e spirituale, del poverello d’Assisi, sempre raffigurato con l’areola, segno di beatitudine, per quanto non ancora canonizzato. Partendo dal basso, sulla sinistra, in sequenza, viene riportata dapprima La rinuncia, nel 1207, di San Francescoaibeni paterni, con la restituzione delle vesti al padre, alla presenza del vescovo d’Assisi, città medioevale raffigurata sullo sfondo della scena.

Segue Il sogno di papa Innocenzo III che vede San Francesco reggere la chiesa di San Giovanni Laterano, sede del vescovo di Roma, ormai pericolante.  

La terza propone La consacrazione, nel 1211, di Santa Maria Chiara, discepola di San Francesco nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, che fonderà l’ordine delle Clarisse.  Il pannello centrale, più ampio, raffigura San Francesco che riceve le stimmate o stigmate, sul monte della Verna, nel 1224, due anni prima della sua morte, avvenuta all’età di 45 anni, il 4 ottobre 1225, mentre, adagiato sulla nuda terra, recita il Salmo 141. E’ l’episodio determinante nella vita del santo, che fu il primo, nella storia dei santi, a ricevere le stimmate; il fraticello è raffigurato, in ginocchio, con l’areola in capo, quasi folgorato da un fascio di raggi, mentre, lateralmente, si intravede uno scorcio di vita monastica. Qui il fraticello comporrà Il cantico delle creature, l’inno di ringraziamento al Signore e di lode a Dio.

Segue, sulla destra in alto San Francesco che predica agli uccelli, uno degli episodi più conosciuto della vita del santo, che si sarebbe verificato nella strada che portava ad Assisi. Il sesto riquadro riproduce L’incontro di S.Francesco con il sultano d’Egitto Malek Al Kamil, avvenuto nel1219, a Gerusalemme, durante la V crociata, col proposito di convincere il sultano a liberare la Terra Santa.Infine il settimo e ultimo riquadro rappresenta L’approvazione della regola francescana da parte del papa Innocenzo III, nel 1209-10, con chiari riferimenti all’affresco di Giotto della basilica superiore d’Assisi. Papa Pio XII lo proclamerà patrono d’Italia il 18 giugno 1939.

Interno: presbiterio e grande mosaico 

Al centro del presbiterio, leggermente rialzato rispetto all’aula, nel rispetto delle nuove regole liturgiche, volute dal Concilio Vaticano II, nel 2003 viene inaugurato il nuovo altare, semplice, essenziale, opera della ditta fiorentina Pagliai, che riutilizza 10 elementi quadrati marmorei decorati della balaustra che in origine separava il presbiterio dall’aula. Nell’altare, come consuetudine sono state conservate delle reliquie di santi francescani. Alla sinistra si erge l’ambone, che riporta nel pannello frontale un bassorilievo, raffigurante Cristo risorto che appare alla Madonna, realizzato nel 2003, in occasione del 50° anniversario della fondazione della chiesa.

Nelle pareti che fiancheggiano il presbiterio, s’innalzano sopra delle mensole inserite in nicchie, le statue di San Bonaventura, a sinistra, e di Santa Chiara, a destra, entrambe in marmo chiaro, realizzate nel 1964 dal Bellini, al pari delle formelle della via Crucis e dei lampadari bronzei.

Navata dx-Cappella all’Immacolata 1966

Lateralmente, lungo le navate, si aprono due altari, sovrastati da due grandi pannelli, realizzati sempre in mosaico nel 1966. Quello sulla sinistra, raffigura L’Immacolata, madre di Dio e della Chiesa; la Madonna è in piedi col suo Bambinello e s’innalza sopra la mezza luna. Ai suoi piedi, in ginocchio, Papa IX con il cartiglio con cui consacra nel 1854 il dogma dell’Immacolata Concezione, e San Pietro, in piedi, col simbolo della chiave. Sul lato sinistro, in piedi, l’evangelista San Giovanni col simbolo dell’aquila nel libro che tiene fra le mani e San Giuseppe col bastone fiorito che lo identifica. Anche in questa scena, tanti angeli; quattro nella parte bassa, due per lato, in atteggiamento orante e due svolazzanti nella parte superiore del mosaico.  Alla base in un pannello marmoreo è incisa la frase latina Beatam me dicent / omnes generationes (tutte le generazioni michiamano beata). Sopra la mensa marmorea, semplicissima, s’innalza la statua dell’Immacolata che ha sostituito quella di Sant’Antonio di Padova, che vi si trovava in origine.

Navata sin- Cappella al Sacro Cuore di Gesù 1966

Sul lato opposto, quello destro, l’altare è dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Anche in questo caso alla parete un grande mosaico, realizzato dal D’Urso su disegno della Baldracchini, secondo l’iconografia più classica, ma con tracce di modernità. Raffigura, nella parte superiore, Gesù che, con la mano sinistra, indica il suo cuore trafitto da una corona di spine, mentre la destra evidenzia il palmo trafitto. In basso si distinguono, in ginocchio, il papa Clemente XIII, che, nel 1865 aveva approvato la devozione al Sacro Cuore e Santa Margherita Alacoque, la veggente del Sacro Cuore (che in città ritroviamo in un mosaico di Aligi Sassu nella Chiesa del Carmine),e, in piedi, San Francesco, a destra, e San Bonaventura. Anche in questa scena in alto ed in basso angeli svolazzanti ed oranti.  Nel pannello marmoreo sottostante una dicitura, in italiano, recita: Venite a me / voi tutti che siete stanchi e oppressi / e io vi allevierò. Sopra la mensa, semplicissima, si erge la statua del Sacro Cuore, in atteggiamento benedicente.

 Appena si entra, sulla destra, si apre la cappella dedicata al Santissimo, realizzata, nel 1968, per volere dei coniugi Salvatore e Lina Orrù. Nel tabernacolo è incisa in rilievo S. Francesco in estasi, mentre l’altare riecheggia lo stile ed i materiali dell’altare maggiore.

Sicuramente importanti anche le vetrate, policrome, che, realizzate su disegno del D’urso diffondono una piacevole luce che invitano alla preghiera e a una profonda intima riflessione personale.

Esco sapendo di aver visitato un luogo sacro dove regna sovrana la spiritualità e dove la figura di San Francesco continua a “parlarmi”, mentre il suo “credo” e l’amore per la natura diventano, oggi, come ieri e domani, linguaggio universale.

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