Marzo 29, 2024

Vi presento Nuccia Gatti, tra le più importanti costumiste della moda e tv nel panorama Italiano_ a cura di Simonetta Columbu 

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“Chiunque può vestirsi ed essere glamour, ma è nel modo in cui le persone vestono nei giorni
liberi che diventano particolarmente interessanti.” Disse Alexander Wang.

Nuccia, sei d’accordo?

Tutti noi abbiamo un’idea di libertà dalle costrizioni sociali. Per esempio alcune professioni prevedono una specie di divisa, anche se questa consuetudine si è molto ammorbidita negli ultimi anni. Per gli uomini, ancora di più che per le donne. Fin dall’800 agli uomini è stato riservato, dall’impiegato all’usciere o al presidente, un abito a giacca, di colori scuri, con poche variazioni di colore e tessuto. Una divisa che sanciva un’appartenenza sociale, e pur nella sua apparente uniformità, riusciva a comunicare lo status sociale e a volte anche la professione di chi la indossava. Pensiamo alle mezze maniche degli impiegati (indossate per proteggere i gomiti dall’usura) o ai colli alti, i fermacravatta o le ghette delle classi più agiate.

E oggi?

Oggi molto è cambiato. Non che il vestito non ci parli più di chi lo indossa. Lo fa, ma con un linguaggio più nascosto e sottile. Il lavoro del costumista è proprio quello di parlare al pubblico con un misto di messaggi che dicono senza dire o almeno senza farlo esplicitamente. Le donne ora hanno dismesso il tailleur d’ordinanza, che corrispondeva alla grisaglia maschile. Alcune si sono staccate dal piacere di indossare un abito sexy o dall’obbligo di trovare un abito piacevole per una occasione speciale, come ad esempio una cerimonia. Resta però che sempre meno le categorie sono chiare. Ora forse il problema è un altro, più che gli obblighi sociali pesano gli obblighi dell’apparire, che passano anche attraverso i canali social. E qui il tempo non è più divisibile. Perfino il tempo più intimo viene condiviso e messo in scena. Tutto ci parla attraverso l’abbigliamento, a volte perfino nella nudità.

Quali soni i capi che non possono mancare nel nostro guardaroba?

Ti posso rispondere per il mio? Nel mio guardaroba non mancheranno mai una fila di pantaloni neri, degli abitini corti al ginocchio (la lunghezza sotto il ginocchio ucciderebbe miss mondo, salvo eccezioni), un dolcevita nero, dei jeans a vita media (basta con quelli a vita bassa), dei piumini colorati per l’inverno (meno chic di un cappotto ma vanno splendidamente in lavatrice), una gonna leggermente a corolla e tanti maglioni nascondi mani per le serate fredde in casa. Scarpe comode e basse e borse colorate e non troppo grandi, da portare a tracolla. Dimenticavo qualche sciarpa grande, anche quadrata. Sottile diventa un magnifico scalda collo, o uno scalda spalle per l’abito da sera, un po’ più pesante diventa meravigliosa d’inverno come passe partout.

Tanti capi o pochi ma selezionati?

Io purtroppo non resisto agli acquisti compulsivi, quindi ho tante cose, anche di trent’anni fa. Penso però che sarebbe meglio avere poche cose combinabili tra di loro, un guardaroba trasformista che con pochi pezzi possa coprire ogni esigenza. Pensa che tempo fa con delle amiche avevamo pensato anche a tre piccole collezioni, una per ogni tipo di donna, che corrispondesse ad ognuna di noi, per fisicità e gusti. Cinque o sei pezzi ognuna che potessero diventare una valigia completa, per ogni occasione. Forse un giorno lo faremo.

L’abito fa il monaco?

Non so se l’abito fa il monaco, ma certamente comunica di noi, che ne siamo consapevoli o no, molto più di quello che pensiamo. A nostra insaputa e quasi sempre a insaputa anche dei nostri interlocutori. Un calzino abbassato, un colore spento mischiato ad altri, una giacca troppo piccola o una pochette profumata racconteranno cose che difficilmente saremo consapevoli di dire, ma che saranno più convincenti, su di noi, di tante parole. E a volte, ci tradiranno.

Qual è la moda che non ti piace?

La moda che non mi piace è quella un po’ finta, senza inventiva, che ripete schemi imparati ma senza troppa fantasia, quella che risponde a domande senza coraggio, ad esempio il classico abito femminile con qualche decorazione di troppo per correggere la sua banalità o qualche capo maschile che cerca di cambiare senza osare, e diventa inesorabilmente kitch magari con qualche dettaglio imprudente, dei rever lucidi ad esempio, o una foggia troppo attillata.

Quale quella che ti piace?

Mi piace la moda che sa innovare restando nella tradizione. Chi resta riconoscibile pur con qualche follia, perché le sue spalle si riconoscono da lontano, e difficilmente sbaglierà un colore. Chi fa vestiti che restano nell’armadio trent’anni, e sono talmente belli da non passare mai di moda. Chi non si arrende al bisogno di stupire a tutti i costi, e non fa dei suoi capi un manifesto ideologico delle ultime tendenze liberal chic. Chi sa rinnovare senza tradirsi e lo riconoscerai sempre tra tutti gli altri. Ma sopratutto quella moda semplice che non ti obbliga a spendere capitali ma ti permette di avere capi basici a prezzi bassi ma di qualità, perché non c’è davvero bisogno di comprare una Tshirt a 80 euro, o un jeans a 400.

Cosa fa la differenza nell’abbigliamento?

Il gusto, l’amore per se stessi e la libertà di non sottostare a indicazioni esterne.

Cosa ami di più? La semplicità o un look che osa di più?

Posso rispondere con un gioco di parole? Un look che osa con semplicità. Ignorare ogni moda che viene dall’esterno, cosa abbastanza facile del resto, di questi tempi in cui vale tutto e il contrario di tutto. Riuscire ad indossare qualcosa che ti fa sentire a tuo agio e che ti fa sentire bella.

Eleganza: qual è la parola d’ordine?

Meno è bello.

Femminilità: cos’è per te?

La femminilità è sapere di avere un valore, a prescindere dallo sguardo degli uomini, e sentirsi a proprio agio con questo valore. Tu vali e sai che vali.

Personal shopper: cosa ne pensi? Nello spettacolo il ruolo di un personal shopper o di un costumista può essere essenziale, per tutto quello detto finora, cioè per decifrare e veicolare un messaggio in modo consapevole. Nella vita di tutti giorni penso che sia una sconfitta. Possibile che non hai un’amica, un fidanzato o una mamma con cui ti divertirti a scegliere dei vestiti ridendo e scherzando e poi andare a bere un the insieme? Alla fine, proprio perché un modo di vestire racconta molto di te, sei sicura che vuoi farlo scegliere ad un altro?

Moda e stile. Quali sono per te le differenze?

La moda è fatta di tendenze che non durano nel tempo. Almeno in teoria. Lo stile è tuo, nasce con te, lo conquisti e non ti lascerà più.

Per una serata elegante, cosa indossare? Sia per lui che per lei.

Una cosa che ti faccia sentire a tuo agio, meglio se non è la prima volta che la indossi. Per lei va bene tutto. Pantaloni e bluse, pantaloni sotto un abitino corto come negli anni 70, abiti corti, un abito lungo se l’occasione lo richiede espressamente, ed è la sfida più difficile. Se proprio non ti ci vedi a volte sostituibile con un pantalone palazzo e un bel top. Per lui, a parte i classici black tie (smoking) e cravatte bianche (frack) davvero difficili da indossare, e per fortuna riservati ad occasioni davvero speciali, un pantalone scuro e una camicia bianca non sbagliano mai. Eventualmente il tutto accompagnato dalla giacca scura monopetto, tenuta aperta e magari senza cravatta. Comunque le sere eleganti più che mai richiedono l’applicazione della parola d’ordine: meno è bello. Penso alle paillettes per esempio. Bellissime su un vestitino molto semplice, magari in degradè e senza nient’altro di troppo decorativo intorno, forse solo concesse delle scarpe super, e in quel caso più è corto l’abito più bassi saranno i tacchi. Occhio alla taglia con le paillettes e sopratutto al senso dell’umorismo che non guasta mai. Si può osare tutto, sorridendo.

Come avverti ora lo stato della moda?

Forse negli ultimi anni, in alcuni casi, la moda ha perso un po’ sé stessa. Da molto se non da sempre la moda ha avuto una certa distanza tra “l’abito da sfilata” e da “quello che poi si vende in negozio” ma negli ultimi anni questa distanza è diventata quasi una frattura. Quello che si vede in sfilata, o nelle campagne stampa, è uno spettacolo, una rappresentazione. Si può leggere come un’ opera d’arte, un gioco, un messaggio. Con il fatto di produrre abiti per le persone in alcuni casi non c’è un vero legame. La sfilata serve a far parlare o a parlare di sé, e diventa quasi una dichiarazione di intenti, culturali o perfino politici. Come le gonne sugli uomini nelle sfilate di Gucci di qualche anno fa. Tutto questo ha fatto e fa girare la moda come un elemento centrale della realtà economica del nostro paese? Probabilmente sì, e questa sicuramente è una cosa che conta.

Grazie cara Nuccia!!! 

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