Ottobre 7, 2024

Il Cagliari, “Deu ci seu”: la grande passione nella sconfitta_di Enrico Pau

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Per favore fatevi un regalo, non perdete Deu Ci Seu. È la storia della passione di un popolo per la sua squadra di calcio. È la storia di una sconfitta che, dopo lo scudetto del 1969/70, è la più grande vittoria di sempre del Cagliari. Perché si può vincere anche nel giorno di una sconfitta amara come quella di Napoli, nello spareggio per rimanere in serie A contro il Piacenza perso 3 a 1. È il 1997, giugno, ventimila anime rossoblu si mettono in viaggio, quattro traghetti della Tirrenia diventano il ponte con l’Italia che non è mai stata così lontana dalla Sardegna come in quella trasferta. È l’esodo festoso di un popolo, pacifico, che crede nel miracolo della salvezza, ma dentro quel viaggio si nasconde  una verità che noi sardi conosciamo da sempre: quella di una nazione  che per più di un secolo ha tenuto la nostra isola separata dal resto del paese, che ci ha isolato non solo culturalmente ma anche fisicamente, geograficamente, non garantendo il diritto e la dignità  di poterci muovere con la stessa libertà di tutti gli altri italiani.

Michele De Murtas

Quel viaggio dei ventimila comincia con una grande festa per diventare nel corso di oltre venti ore di viaggio, con una lunga e assurda sosta nel golfo di Napoli, ormai giunti davanti alla città, una specie di Odissea. La partita di calcio è solo un pretesto per dirci una volta di più che siamo italiani di serie B, serie  B alla quale quello spareggio ci condannò insieme alle randellate della polizia che nell’intervallo non trovò niente di meglio che manganellare i nostri inermi tifosi rischiando di creare una situazione potenzialmente tragica. Eppure, come in tutte le storie tristi c’è sempre il bagliore di una speranza, nella sconfitta quei sardi in viaggio scoprirono che nell’amore  per una squadra di calcio c’è qualcosa  di grande, di enorme, che non si può spiegare a chi è abituato a vincere sempre, a chi non perde mai, quella squadra alla fine dell’incontro fu salutata dai tifosi con un lungo applauso, tifosi che attesero i giocatori all’aeroporto di Cagliari per festeggiarli come se avessero vinto, attesero al porto i traghetti che riportarono indietro i tifosi fra le lacrime che erano un misto di dolore e di orgoglio, e fra quella gente c’era Gigi Riva che aspettava i suoi due figli partiti anche loro con i tifosi rossoblu. Il lavoro dei registi, degli sceneggiatori, dei fotografi, dei produttori, del montatore, dei musicisti, di tutti quelli che hanno lavorato a questo magnifico prodotto filmico, sono una sorta di manifesto della passione, a futura memoria, che mette insieme i volti e le voci bellissime dei protagonisti, immagini d’epoca, il ritratto di un tempo che non è lontano, è vicinissimo all’urlo collettivo di domenica scorsa quando Ranieri, Pavoletti e i suoi compagni ci hanno regalato di nuovo quello che ci spetta per diritto e per storia: la serie A. Perché può succedere che il Cagliari retroceda ogni tanto in serie B, ma il nostro è un popolo di serie A, come quello che è salito su quei traghetti: uomini, donne, vecchi, giovani, bambini tutti innamorati, orgogliosi, folli, giocosi, poetici, passionali, ironici, creativi, divertenti lontani anni luce dall’immagine che è sempre convenuta agli italiani dei sardi chiusi nel loro millenario silenzio, quelli che non sanno esprimere le proprie emozioni, cristallizzati come li racconta la storia che come sempre hanno scritto altri per noi.

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