Ottobre 7, 2024

I minatori occuparono i pozzi,le donne capeggiarono i cortei in piazza_di Tarcisio Agus

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Il libro vuole essere un omaggio a tutte le maestranze delle miniere, in generale ed in particolare a quelle di Montevecchio. Un’intrapresa industriale, quella di Montevecchio, così complessa ed articolata, frutto dell’ingegno di uomini illuminati, ma anche e soprattutto di altrettanti uomini che vi hanno concorso con la forza delle braccia e nel nostro caso non sono state da meno anche le donne  a i bambini.

L’opera nasce grazie all’azione di salvaguardia posta in essere dal caro amico Damiano, che con me la firma, quando da responsabile della protezione civile del Medio Campidano vigilava sulle aree minerarie appena abbandonate dalla Società Italiana Miniere, ultima detentrice del complesso di Montevecchio. Dai documenti sparsi recuperati, sono nate tre opere e questa è la terza, mentre  le prime due narrano di impianti e di tecnologia della miniera, quest’ultima raccoglie una parte  dei verbali del Consiglio di Fabbrica ed una storica rassegna fotografica, dal 1940 al 1960.

Nella prefazione  si è voluto ricordare il primo grande sciopero spontaneo, avvenuto nei cantieri di Montevecchio dal 8 al 17 agosto 1903, per avere un’idea, anche se generale, del cammino intrapreso dalla classe  operaia sino ad arrivare ai Consigli di Fabbrica, liberamente eletti, dove dirigenti e maestranze si confrontano per far fronte a tutte le criticità che una intrapresa di così vasta portata ha comportato e che tutti hanno concorso a risolvere per il bene comune.

Quel primo sciopero, ove il padronato non riconosceva ancora l’azione del nascente sindacato, ma preferì trattare con una delegazione di operai, ancora pervasi della cultura contadina e abituati a chiudere  accordi e trattative  sulla fiducia, con una semplice stretta di mano.

Forse quel clima di reciproco “rispetto” era anche dato dalla sardità dei contendenti, che già prima di quella “stretta di mano”, trovarono intesa e collaborazione il 13 novembre 1881, con la fondazione a Guspini della “Società operaia di mutuo soccorso”.

Nei 150 anni di storia della Montevecchio dei Sanna – Castoldi,  non emergono altri grandi scioperi, anche se è presumibile che questo lungo periodo abbia  avuto comunque momenti di contestazione, anche se di natura interna,  come ancora si evince dai documenti raccolti.

Per avere uno sciopero con risonanza nazionale, dopo quello del 1903 e del 1904 di Buggerru, che interessò anche Montevecchio, dobbiamo arrivare al 1948/49, quando ormai l’era Sanna – Castoldi aveva lasciato spazio alle società nazionali.

Lo sciopero ebbe inizio con l’imposizione dell’azienda, allora in mano alla Montecatini, della firma del “Patto Aziendale”, che a fronte di un aumento salariale, imponeva regole ferree come il lavoro obbligato per almeno venti giorni al mese continuativo, chi si assentava per qualsiasi motivo, anche  per malattia, perdeva ogni diritto e premio. I lavoratori non dovevano appartenere a partiti sovversivi e rinunciare alla “non collaborazione”. La dura lotta si chiuse con la resa dei minatori che sottoscrissero il patto, rientrando al lavoro il 1 Marzo del 1949. Chi non lo fece fu licenziato.

Furono dodici anni di duro lavoro, con il “Patto Aziendale” sempre più insopportabile. Già il 30 novembre 1960, i lavoratori di Montevecchio e le rappresentanze sindacali chiedevano un incontro per discutere diversi punti, quali miglioramenti salariali, contrattazione rapporto di lavoro e la elezione democratica della Commissione Interna di Fabbrica. Il 21 Marzo del 1961 fu proclamato lo  sciopero generale, che interessò tutte le miniere sarde.

Vennero occupati tutti i pozzi con la partecipazione della stragrande maggioranza degli operai. A condurre le manifestazioni di piazza a Guspini, furono le donne che capeggiarono i cortei e per la prima volta le forze dell’ordine, per sedare la protesta  femminile che si dirigeva verso la miniera, perché mariti, compagni, padri e fratelli erano tutti in occupazione, fece uso dei lacrimogeni. Furono in tre le donne ferite nella drammatica circostanza. La vertenza si risolse la domenica di Pasqua, del 2 aprile 1961, con l’arbitrato del Presidente della regione Sardegna.

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