Intrighi, sesso e tradimenti nella Cagliari spagnola_di Antonello Angioni
Nell’agosto del 1665, dopo aver prestato il giuramento di rito, il viceré don Manuel Gomez de Los Cobos marchese di Camarassa aveva convocato gli stamenti, spedendo le lettere d’invito agli aventi diritto. Non appena le lettere furono notificate dai porters, alcuni degli esponenti più rappresentativi del Parlamento si riunirono, con assoluta segretezza, in una saletta dell’Episcopio di Cagliari.
Fra essi don Agostino di Castelvì marchese di Laconi, don Pietro Vico arcivescovo di Cagliari, don Giovanni Battista Brunengo vescovo di Ales, don Giacomo di Castelvì marchese di Cea e don Girolamo Zonza primo consigliere della Città di Sassari.
La notte era bella, calda e stellata, con una luna che tingeva il buio delicatamente di giallo: una tipica notte mediterranea, calma e riposante, che pareva invitare al dialogo e alla riflessione.
“Eccellenza – esordì il Castelvì rivolto all’arcivescovo – col vostro consenso i nobili e i feudatari figli di questa terra, a voi sempre fedeli e devoti, ritengono giunta l’occasione per sottoporre l’operato del viceré e dei suoi ministri ad un severo controllo da parte degli stamenti”.
“Oggi – proseguì – vi sono tutte le condizioni per ottenere quelle provvidenze, più volte richieste, atte a contenere il potere viceregio ed a rimuovere l’invadenza degli spagnoli nel governo del Regno di Sardegna”.
“Ognuno di noi – aggiunse – dovrà adoperare tutti i mezzi di cui dispone ed impegnarsi, sia in ambito parlamentare che nelle altre sedi, a favore della causa comune: nessuna somministrazione di danaro dovrà essere accordata alla Corona se prima non verranno accolte le legittime richieste degli stamenti. Tutto ciò ovviamente col vostro consenso, eminenza”.
“La famiglia Camarassa – lamentò quindi don Girolamo Zonza rivolto al marchese di Laconi ed agli altri convenuti – contravvenendo ad ogni consuetudine ha favorito la formazione di una ristretta cerchia di persone, quasi tutte spagnole, che intrattiene rapporti privilegiati con i marchesi di Villasor: costoro vengono accolti con una deferenza che non viene riservata neppure a voi e agli altri gentiluomini sardi di antica nobiltà e maggiore prestigio”.
All’udire quelle parole il volto del marchese si era fatto cupo. Forse pensava al fatto che il viceré si era persino astenuto dal rendere visita alla sua consorte, donna Francesca di Zatrillas, in occasione della recente nascita di un loro bambino. E meditava in silenzio. Spesso più che i grandi avvenimenti sono le piccole cose a darci il senso della storia e del suo divenire. Per il marchese di Laconi era stato un grave affronto.
In quei tempi, nei quali tanta importanza avevano le cerimonie e le cortesie, la mancanza del marchese di Camarassa e della sua consorte, la viceregina, dovette influire non poco sulle successive condotte del marchese di Laconi che, col passare del tempo, all’interno degli stamenti, assumerà condotte sempre più intransigenti.
Molte volte un episodio, anche il più marginale, può illuminare sul senso di un’intera vita e descriverne il tratto più profondo.