Luglio 27, 2024

Incontro con il regista Matteo Incollu: “spesso il segreto del Cinema, sta nel decidere cosa non mostrare e far immaginare allo spettatore le cose che nascondiamo”_di Simonetta Columbu

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Regista e autore sardo. Nasce a Baunei il 17 marzo 1981. Nel 2007 è
assistente alla regia nel film Sonetaula di Salvatore Mereu; la collaborazione con il regista sardo
continua in Bellas Mariposas e nel
cortometraggio Transumanza.
È autore di diverse opere tra cui Disco Volante, Coins e Male Fadau.
Attualmente sta lavorando ad un nuovo progetto di cui parleremo in quest’intervista.

Il cinema è il “come”, non il “cosa”. Disse Alfred Hitchcock.

Matteo, hai appena concepito un film in cui tu, che fai le riprese, interagisci con un fantasma… in teoria il protagonista… o forse un tuo alter ego. Questo ci fa pensare tu sia affine all’idea di Hitchcock secondo la quale non importa cosa, ma come. Hai trovato un nuova via di rappresentazione. La via del non detto, dell’immaginazione. E allora dicci “come” l’hai trovata?

L’idea del film è nata da un vero e proprio sopralluogo, in un luogo misterioso, sperduto da qualche parte nelle campagne del sud Sardegna. Ci capitai per caso e ciò che quel luogo mi lasciò fu un sentimento fortissimo, quasi magnetico, al punto da penetrare nei miei sogni al mio ritorno a casa. Pochi giorni dopo ci tornai, alla ricerca di un’idea nuova per un film da realizzare in quel luogo magico che avevo scoperto. E così, con il mio telefono in mano e un foglio su cui avevo scritto alcuni appunti, cominciai a immaginare la storia che avrei voluto girare in quel luogo, facendola scorrere davanti ai miei occhi e registrando tutto senza la presenza dei personaggi. La storia era un racconto di fantasmi. E da solo, lì in quella vecchia serra e quel casolare abbandonato, nel silenzio che mi circondava, ho creato un mio film immaginario, con la speranza di poterlo realizzare prima o poi, in futuro. Ma al mio ritorno a casa, lasciando “riposare” quelle immagini per diversi mesi, mi accorsi che quelle immagini erano diventate qualcos’altro. Ciò che avevo fatto, aveva assunto un significato diverso, ho provato così ad unire le immagini e a montarle in un racconto di quell’esperienza. E lì ho capito che il film che cercavo era stato appena realizzato. Il racconto di fantasmi era proprio davanti a me. Il film era quello, non più solo dentro alla mia testa, ma immortalato per sempre in delle immagini che erano diventate altro.

Raccontaci di più di questo nuovo lavoro. Quest’opera intitolata ‘4 8 17’ ha molteplici chiavi di lettura, tante sfumature.. quanto ti rappresenta questo film?

Questo film rappresenta in pieno questo momento della mia vita creativa e professionale. Ma non solo. Il film è un mio piccolo tributo all’immaginazione, alle immagini cinematografiche, ai racconti di fantasmi. Ai film, che sono sempre composti da assenze, da spettri, da personaggi inesistenti, che si creano prima di tutto nella nostra coscienza, e che a volte non trovano luce e corpo nello spazio della sala, ma rimangono intrappolati dietro ai nostri occhi o nei nostri ricordi, senza mai essere esistiti nella realtà. Ma cosa è la realtà e cosa sono i film e i ricordi? Queste sono le domande che come regista, e come essere umano, mi pongo in “4 8 17”.

Sembra che sia entrato davvero in contatto con te stesso in quest’opera. Quanto è importante per te la ricerca? La sperimentazione? 

La ricerca è l’essenza di ogni opera, letteraria, cinematografica, artistica. Credo fortemente in quella teoria che narra che ogni regista non fa altro che lavorare sempre allo stesso film. O addirittura sempre alla stessa sequenza. Ogni volta che immaginiamo, scriviamo, catturiamo la realtà dentro a delle immagini digitali o analogiche, stiamo costruendo il nostro universo narrativo, lavorando ad esso, provando a comprenderlo. Ogni film è un passo per provare a decifrare il senso della realtà che viviamo.

Cosa rappresenta per te il cinema?

Credo che il cinema sia un grande mezzo. Un mezzo con cui possiamo raccontare la nostra esperienza umana, raccontare la realtà decifrata dai nostri occhi e dai nostri sensi, attraverso le immagini e il suono. Il Cinema è mezzo, non fine. È lo strumento artistico con cui ognuno di noi può ricostruire la propria realtà, spogliandola di tutto ciò che non ci appartiene. Costruire i propri universi. Per citare Hitchcock, il cinema è la vita, ma senza i momenti noiosi. O a volte “solo” con i momenti noiosi. È il modo in cui noi rappresentiamo il nostro modo di essere nella realtà, il modo in cui possiamo ricercarne il senso. Il peso dell’arte, in fondo, è tutto qui.

Fotogramma dal corto “Male fadau” di Matteo Incollu

Il cinema è detto, o non detto?

Credo che spesso il segreto del Cinema, l’arte visiva forse più completa di tutte, stia nel decidere soprattutto cosa NON mostrare. Come registi, siamo chiamati soprattutto a dirigere l’attenzione degli spettatori. Ma l’equilibrio è sempre labile. Il cinema è un gioco due. Un dialogo, tra noi e chi sceglie di dedicare il proprio tempo a vedere ciò che abbiamo da mostrare. E immaginare, soprattutto, le cose che nascondiamo.

E la vita? L’essenza della vita sta nel detto o nel non detto?

Una domanda difficilissima. Avrò bisogno ancora di molta esperienza e di molti film per provare a rispondere. In ogni caso, credo che la via di mezzo sia sempre la migliore. Lo sviluppo del linguaggio è sempre un modo di progredire nella decifrazione della realtà. Ma il linguaggio è fatto anche di silenzi, di spazio lasciato al pensiero e all’immaginazione. Credo dunque che il ritmo, l’onda crescente e discendente, tra parole e silenzio, sia ciò che dobbiamo trovare, per vivere bene. Anche il cinema, come la vita, è tutta una questione di ritmo, tra detto e non detto. Tra parole e pensiero. Tra realtà e immaginazione.

Come hai capito che il cinema era la tua strada?

L’ho capito realizzando le mie prime piccole opere. Provo da sempre un profondo e smodato interesse verso ogni aspetto della realtà che mi circonda. E il cinema, che è da sempre la mia passione più grande, credo mi offra l’unico modo di sopravvivere a me stesso, in questo mondo caotico. Riordinando i miei demoni attraverso le immagini che inseguo, che riordino, che creo. Il cinema è per me il modo di contribuire alla ricerca della bellezza e del senso profondo di tutto ciò che viviamo.

Fotogramma dal corto “Disco volante” di Matteo Incollu

Cosa consiglieresti ad un giovane regista?

Di intraprendere questa strada non perché vogliono diventare artisti, o registi, ma perché hanno bisogno di un mezzo per raccontare il proprio universo. Ad ogni costo. E di non fermarsi mai. Soprattutto quando ogni strada sembra chiusa e tutto il resto del mondo sembra distoglierci da questa idea folle chiamata cinema.

Grazie Matteo, è stato davvero un immenso piacere poter parlare con te e ascoltare le tue profonde riflessioni! A presto, e in bocca al lupo! 

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