Ottobre 7, 2024

Alessandra Menesini ci racconta Giovanni Nonnis_di Simonetta Columbu

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“Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe’’ diceva Albert Camus.
Non possiamo non essere d’accordo con Camus ma ciò nonostante non si spiega perché le
opere di Giovanni Nonnis, uno fra i maggiori artisti sardi del secondo Novecento, non abbiano ancora trovato il giusto spazio. E con spazio mi riferisco allo sguardo delle persone che ne possano cogliere e ammirare la bellezza.
Giovanni Nonnis nato a Nuoro nel 1929, dedica la sua intera vita all’arte con una ricca produzione pittorica. Nel suo percorso attraversa varie fasi: quella figurativa dove la sua arte si
caratterizza per un segno rapido e sicuro, una fase seconda in cui il suo forte cromatismo si approssima alla dissolvenza e niente, appare più netto. Nel 1960 si trasferisce a Milano realizzando una sintesi creativa tra le espressioni della modernità e quelle delle proprie radici.
Seguono crocifissioni e cavalli in una nuova elaborazione pittorica in cui sembra non esistere il tempo e lo spazio. Poi, nella fase ultima della sua produzione, ripropone in chiave moderna una rielaborazione dei bronzetti nuragici dando vita alla “ Saga del nuragico”.

La morte di Nonnis avvenuta prematuramente a soli 45 anni ha lasciato in sospeso un discorso con molti punti interrogativi, dove pensi sarebbe potuta arrivare la sua arte o meglio il suo “espressionismo antropologico” come Sgarbi lo ha definito?

Opera di Giovanni Nonnis

Aveva indole irrequieta , lo testimoniano i suoi viaggi e la sua lunga e feconda permanenza a Milano. Non era uno che si fermava. Avrebbe continuato a cercare nuovi modi espressivi, a sperimentare altri soggetti, a inventare altre tecniche scomode. E’ mancato giovane, se fosse vissuto credo che avrebbe oltrepassato la fase dell’espressionismo antropologico che Vittorio Sgarbi, cacciatore di talenti non abbastanza valorizzati, giustamente gli riconosce. Ha operato in un’ epoca rivoluzionaria anche per l’arte, quella dagli Anni Cinquanta ai Settanta. Nonnis si inserisce appieno in quella temperie culturale ma aveva un tratto tutto suo, forse legato all’isola, forse ad un fuoco interno .

Sgarbi descrive l’arte di Nonnis forte e penetrante. Sei d’accordo?

Ottima definizione, alla lettera. Aguzzi ma danzanti sono i suoi “Guerrieri”, aguzza è la punta che scava il polistirolo e le sue matrici tormentate sono esse stesse opere compiute, una sorta di sculture sbalzate su un materiale non nobile che nelle sue mani diventava potente come pietra. Ci stendeva sopra colori forti , quasi prepotenti, eppure le Crocifissioni evocano dolore e martirio con stesure di luminosissimo oro . E’ la luce a lenire e insieme a sottolineare scene drammatiche di alta valenza spirituale.

Opera di Giovanni Nonnis

Alessandra sostieni che “L’arte non è un ‘bene da valorizzare’, è essa stessa un valore, per chi la fa e per chi la osserva’’. Nonnis era di questo parere e pensava che le sue opere non necessariamente dovessero essere commercializzate. Come avverti oggi lo stato dell’arte?

Vendere e guadagnare per merito del proprio ingegno non è affatto disdicevole. Anche gli artisti hanno necessità di sostenersi. Oggi ci sono pochi committenti, meno gallerie, meno collezionisti. Il mercato dell’arte raggiunge altissime quotazioni nel circuito internazionale che talvolta premia autori di scarso talento ma ben inseriti nel sistema . La notorietà , in sintesi, non è strettamente legata alla qualità. Un discorso che non inficia però la mia convinzione che chi dipinge, fa musica , danza, scrive, fa foto e via elencando, eserciti una benefica influenza sul cuore e sulla mente. Giovanni Nonnis non badava troppo al denaro ma seguiva una spinta interiore insopprimibile . Quali sono i criteri con cui giudichi un’opera? Osservo con attenzione, faccio molte domande, stabilisco un rapporto diretto con gli autori, vado negli studi per scovare vecchi pezzi, magari pieni di polvere, che per me  costituiscono la mappa del cammino creativo. Credo sia importante capire, prima del come, il perché si impugnino i pennelli o altri strumenti.

Opera di Giovanni Nonnis

Spesso le opere dei più grandi artisti raccontavano un tempo che forse, ancora, doveva arrivare… gli artisti son un po’ dei visionari? Anche Nonnis lo era?

Direi di no. Aveva anzi un atteggiamento concreto , attento alla realtà e alla vita. Guardava lontano, certo, e con profondità. Gli artisti più grandi scavano dentro loro stessi e portano alla luce qualcosa che riguarda tutti. Il vero sguardo è quello introspettivo.

Eternità e contemporaneità. Cosa deve avere un artista per esserlo?

Chi sceglie questo mestiere appartiene al mondo che gli sta intorno . E lo rappresenta con le più varie modalità, anche quando dipinge un mazzo di fiori o traccia segni astratti, altrettanto rivelatori. Si è artisti soprattutto nel cervello. Poi ci sono quelli che hanno grande manualità ma non spessore intellettuale. Gli astuti che producono per piacere ai compratori. Quelli che ricavano poesia dagli oggetti dismessi e quelli che non sanno fare niente e fanno realizzare le idee, talvolta geniali, nelle officine. Puntare all’immortalità mi sembra eccessivo, accontentiamoci della sincerità .

Grazie cara Alessandra

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